Lo studio del Centre for Economics and Business Research ha esaminato le abitudini in vari Paesi del Vecchio continente. E il nostro brilla per “pigrizia”. Particolarmente allarmanti i dati sui giovani. E le conseguenze per la salute sono pesantissime.
Oltre ottanta miliardi di euro e circa mezzo milione di morti evitabili all’anno in Europa se solo i suoi cittadini fossero più attivi fisicamente. Con gli italiani che, nella classifica della pigrizia, troneggiano senza rivali. Un recente studio realizzato da Cebr (Centre for Economics and Business Research) e commissionato da Isca (International Sport and Culture Association) ha analizzato le abitudini degli europei, con un focus specifico su Italia, Francia, Spagna, Regno Unito, Germania e Polonia. Nel nostro Paese un terzo degli adulti non raggiunge i livelli di attività fisica quotidiana raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità. Per l’esattezza, il 38 per cento delle donne e il 28 degli uomini. Ci supera soltanto il Regno Unito con una quota di donne inattive del 42 per cento, dieci punti percentuali più degli uomini. E non parliamo di record da maratoneti ma di appena 150 minuti a settimana, una ventina al giorno, di maggior movimento, che può voler dire salire a piedi anzichè in ascensore, uscire con il cane per una passeggiata più lunga, camminare a passo veloce o scendere dall’autobus una fermata prima della propria.
Peggio ancora la situazione per i più giovani, per i quali le raccomandazioni Oms prevedono – tra i cinque e i 17 anni – almeno un’ora di attività fisica al giorno, da moderata a intensa. E invece, il tracollo: il 92 per cento dei tredicenni non raggiunge i livelli consigliati, contro una media europea dell’83. Pigri da subito, insomma.
Il punto è che l’inattività fisica è uno dei principali fattori di rischio di molte malattie, come coronaropatie, diabete di tipo 2, tumori del colon retto e del seno. E influenza non poco anche umore e patologie correlate. Inoltre, sebbene l’inattività sia spesso connessa a sovrappeso e obesità, le performance negative a livello di salute non sono legate necessariamente al peso: anche i normopeso inattivi – infatti – hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie croniche non trasmissibili, come diabete, tumori e coronaropatie.
Ma non solo. “L’uomo come tutti gli animali è fatto per muoversi – precisa Michelangelo Giampietro, specialista in medicina dello sport e scienza dell’alimentazione – la sedentarietà influenza negativamente il nostro organismo. Il movimento fisico previene le malattie cardiovascolari tutte, l’osteoporosi e ha benefici anche nella prevenzione di molte patologie neoplastiche. Per non parlare di uno dei maggiori fattori di rischio degli anziani, la perdita di massa muscolare, la sarcopenia, che insieme all’osteoporosi può provocare cadute e fratture. Inoltre molti studi dimostrano che l’attività fisica ha un impatto positivo sulle malattie reumatiche per l’azione antinfiammatoria che l’esercizio fisico produce, variando la produzione di molte citochine, facendo aumentare quelle antinfiammatorie e riducendo invece quelle proinfiammatorie. Infine muoversi dà un grande senso di benessere anche perché durante l’attività fisica si producono catecolamine con effetto eccitante, e aumentano le endorfine, sostanze del sistema oppioide endogeno che hanno anche un effetto antidepressivo. Insomma se tutti si muovessero a sufficienza i farmaci più venduti, contro diabete, ipertensione eccetera, potrebbero andare in soffitta”.
Camminare innanzi tutto. Appoggiando e sollevando bene i piedi, senza trascinarli come spesso fanno gli anziani. “Sotto la pianta del piede c’è una fitta rete vascolare che attiva la circolazione – continua Giampietro – e previene i fenomeni di stasi venosa e i possibili fenomeni tromboembolici conseguenti. Quindi camminare, camminare e camminare”.
Disastrosa invece la situazione dei più giovani. “Aver affidato lo sport quasi esclusivamente alle società e alle federazioni sportive, che spesso pensano di avere come compito principale il miglioramento della prestazione dei loro “piccoli atleti” a volte anche per trarne profitto economico, è stato un errore clamoroso – ragiona Giampietro – mentre la scuola ha in gran parte rinunciato. Tutto il movimento e l’attività fisica sono delegati alle strutture private, costa molto e spesso non è neanche sufficiente per migliorare lo stato di salute. Ma lo Stato e il ministero della Salute che fanno? Bisogna promuovere realmente e concretamente il movimento, svincolandolo dalle federazioni sportive che dovrebbero pensare soprattutto alla prestazione e alle medaglie. Bisogna aumentare il movimento, non necessariamente lo sport, potenziare le attività fuori dagli orari scolastici ma a scuola. Si pagheranno di più i bidelli, ma si risparmierà nel bilancio sanitario. Nella mia Asl, a Viterbo e alla Roma C, quando visito per il rilascio delle certificazioni sportive, vedo ragazzi sempre più grassi, con poca coordinazione e scarse capacità respiratorie. Ragazzi che prendono l’ascensore anche per scendere due piani di scale. Per scendere, non per salire. E poi hanno paramorfismi della colonna vertebrale, ginocchio valgo, piede piatto, diabete. Tutto legato alla mancanza di movimento. E allora dove sono le campagne del ministero?”.