Un primo orientamento giurisprudenziale sul punto (Cass. Pen. Sentenza n. 38623/2009 e Cass. Pen. Sentenza n. 31670/2007) afferma che se è pur vero che non può negarsi al sanitario il compito di valutare la necessità di visitare il paziente sulla base del quadro clinico prospettatogli, considerando che il rifiuto rilevante a norma dell’articolo 328 deve riguardare un atto indifferibile, è anche vero che una tale discrezionalità può ben essere sindacata dal giudice di merito sulla base degli elementi di prova sottoposti al suo esame. Questo orientamento è in genere concorde e costante nel ravvisare il reato, affermando contestualmente il principio che l’esercizio del potere – dovere del medico di apprezzare la necessità o meno della visita domiciliare ai sensi dell’art. 13.comma 3, D.P.R. n. 41 del 1991 è pienamente sindacabile da parte del giudice sulla base degli elementi di prova sottoposti al suo esame, mentre le pronunzie dissonanti sono per lo più determinate dalla peculiarità della vicenda processuale considerata. Va quindi certamente riconosciuto al medico di guardia il compito di valutare la necessità della visita richiestagli, con apprezzamento tecnico della sintomatologia riferitagli. Tale valutazione deve però essere eseguita con particolare prudenza, atteso che il D.P.R. n. 270 del 2000, art. 52, comma 2 prevede come condotta “normale” l’effettuazione degli interventi richiesti. Secondo questo orientamento risponde del delitto di omissione di atti di ufficio il sanitario comandato del servizio di guardia medica che, richiesto di una visita domiciliare urgente, non intervenga, pur presentando la richiesta di soccorso inequivoci connotati di gravità. Come immediato corollario scaturisce che il medico non potrà esimersi da responsabilità per non aver potuto visitare il paziente. Il medico di guardia potrà esonerarsi dalla responsabilità solo nel caso in cui vi siano stati comprovati, legittimi e gravi impedimenti a prestare la necessaria assistenza sanitaria, ergo concreti dati circostanziali precisi ed univoci, ontologicamente idonei a qualificare giuridicamente l’inerzia del medico quale sostanziale implicito rifiuto.
A tale orientamento giurisprudenziale se ne contrappone uno più recente (Sentenza 10130/2015) che ha sancito che non risponde del reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 c. p.) il medico che, durante il turno di servizio di guardia medica, anziché recarsi di persona a visitare al domicilio un paziente che lamenta problemi respiratori, si limiti a prescrivere per telefono le normali terapie farmacologiche di contenimento della patologia segnalata, potendo egli valutare discrezionalmente se effettuare o meno la visita domiciliare. La Corte afferma in particolare che la Corte territoriale non ha ritenuto neppure di procedere a perizia medico – legale, evenienza che avrebbe comportato la possibilità di disporre di quell’elemento di valutazione aggiuntivo, integrato dalle indicazioni fornite da un esperto della professione medica, atto eventualmente a consentire un difforme apprezzamento rispetto a quello operato dal giudice di primo grado. Con altra sentenza n.2266/2015 la Corte di Cassazione ribadisce che il medico di turno territoriale non è tenuto ad eseguire visite domiciliari per ogni paziente di cui gli si prospettino eventuali patologie sanitarie. La Corte rileva inoltre che non può non constatarsi che a mente dell’art. 67 dell’A.C.N. di medicina generale non rientra nei compiti del sanitario di guardia medica locale quello di assicurare il servizio di eventuale ospedalizzazione dei pazienti dai quali o nell’interesse dei quali egli viene contattato per motivi sanitari. In questo caso la Corte è portata a concludere che non sia configurabile nessun rifiuto di atti dovuti del suo ufficio di medico in servizio di continuità assistenziale suscettibile di integrare il reato exart. 328 c.p., comma 1.
Marcello Fontana-Ufficio Legislativo FNOMCeO