In Italia le donne sono più longeve degli uomini, ma si ammalano di più e trascorrono in media un terzo della loro vita in condizioni di salute non buone. E’ quanto emerge dal Rapporto alternativo sui diritti delle donne 2009-2014 (Pechino +20), curata da una rete di associazioni italiane, che la fondazione Pangea Onlus presenterà alla 59a sessione della Commissione sulla condizione delle donne. Un appuntamento importante perché farà il punto sulla situazione in Italia vent’anni dopo la Dichiarazione e Piattaforma d’Azione di Pechino del 1995. Tra gli obiettivi in agenda c’erano l’accesso delle donne a un’assistenza sanitaria qualificata e a basso costo, programmi di prevenzione, iniziative per affrontare il tema delle malattie sessualmente trasmissibili e della violenza di genere.
Donne e salute – Si legge nel rapporto che lo squilibrio tra salute di donne e uomini è dovuto alla carenza dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) che, non essendo garantiti allo stesso modo in tutto il Paese, creano lunghe liste di attesa e un diverso accesso ai servizi da Regione a Regione. La denuncia della onlus, impegnata nella lotta alle discriminazioni di genere in tutto il mondo, riguarda anche le politiche governative che, secondo la vicepresidente di Pangea, Simona Lanzoni, “hanno messo in atto un processo di smantellamento dei servizi pubblici a favore di realtà private”.
A risentirne in particolare è il Mezzogiorno: le donne che risiedono in quest’area a 65 anni possono contare di vivere in media ancora 7,3 anni senza problemi di limitazione nelle attività quotidiane, mentre le loro coetanee del Nord hanno davanti 10,4 anni da trascorrere in buona salute. Uno studio Istat ha mostrato come le donne siano maggiormente colpite da alcune malattie, quali il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla o il tumore, mentre tra le principali cause di morte ci sono le malattie cardiovascolari, responsabili di più decessi che di tutte le altre patologie messe insieme. Ricerche sulla medicina di genere hanno dimostrato che spesso quando avvertono dolori al petto, segnale di infarto, le donne vanno al Pronto soccorso in media due ore dopo rispetto agli uomini, mettendo più a rischio il buon esito delle cure. Maternità – Nel 2014 il tasso di denatalità in Italia ha toccato il massimo storico.
La scelta di procreare è condizionata da fattori come le politiche per l’occupazione femminile e le politiche sociali di welfare. Da decenni il Paese conta un indice di natalità tra i più bassi al mondo. La causa, secondo Lanzoni, è legata alla “situazione drammatica in cui si trovano le donne, tra discriminazioni, precarietà e mancanza di lavoro, alti costi delle case e poche iniziative di sostegno alla genitorialità”. Ma anche se vengono messi al mondo pochi bambini, l’assistenza a queste nascite è inadeguata a causa dell’abuso di medicalizzazione prima e dopo il parto e del massiccio ricorso al parto cesareo: in molte regioni si raggiunge il 40%. Si riscontra poi l’eccessivo uso dell’assistenza privata e della diagnostica prenatale, senza differenze tra gravidanze fisiologiche e patologiche.
Malattie sessualmente trasmissibili – La diffusione di Aids, clamidia, herpes genitale e sifilide è in continua crescita. Tra le principali cause c’è il ricorso maschile alla prostituzione senza usare protezione, abitudine diffusa anche tra gli adolescenti. Nel corso degli anni sono diminuiti i fondi dedicati alla prevenzione: dalle statistiche si rileva che l’Italia resta uno dei pochi Paesi europei dove il contagio per via eterosessuale rimane una delle maggiori forme di trasmissione e si registra un aumento di casi di sieropositività tra i 16 e 25 anni. Da una ricerca su “Sessualità ed adolescenti” risulta, ad esempio, che solo il 18% dei ragazzi ha studiato educazione sessuale a scuola e le informazioni che dimostrano di avere sono vaghe: “Tra l’informazione e l’abitudine alla protezione c’è un gap ancora troppo ampio – denuncia Simona Lanzoni – il nostro è uno dei Paesi in cui si utilizzano meno contraccettivi: solo il 39% dei giovani usa abitualmente il preservativo e colpiscono le ragioni con cui i giovani giustificano la scarsa protezione.
Per il 19% si tratta di una scelta precisa, i contraccettivi non piacciono, il 49% non li ha a disposizione al momento giusto, il 23% li dimentica e il 7% si adegua alle esigenze di un partner contrario al loro utilizzo”. Violenza maschile contro le donne – Dai maltrattamenti subiti dalle donne, spesso tra le mura domestiche, derivano danni fisici, sessuali e psicologici e una seria compromissione della salute psico-fisica, con costi sociali ed economici per tutta la comunità. “Gli operatori dei servizi sanitari pubblici che dovrebbero aiutarle – afferma Lanzoni – presentano una formazione non adeguata, per cui la qualità dell’assistenza dipende spesso dalla sensibilità individuale del singolo operatore. Gli stereotipi culturali ancora diffusi e la sottovalutazione della violenza producono ritardi o omissioni nelle diagnosi e trattamenti e nella raccolta delle prove per eventuali processi. Ecco le ragioni della nostra campagna di raccolta fondi #Maipiùinvisibile, per il sostegno di 5 centri Antiviolenza del Sud Italia che rischiano di chiudere, perché ‘Per troppe donne nascondersi non è un gioco’”, conclude Lanzoni.
Per conoscere le organizzazioni che hanno redatto il rapporto o leggerlo si può andare su www.pangeaonlus.org/2014/07/24/rapporto-sull-attuazione-della-piattaforma-azione-pechino-0rFgjTDWqfCFoUMvAebKaM/index.html