Le probabilità di avere un ictus o un infarto si possono predire misurando la forza della stretta della mano. Tanto più si è in grado di stringere forte un oggetto nel palmo, tanto meno si rischia di incorrere in brutte sorprese a livello cardiaco: è quanto emerge da uno studio pubblicato su Lancet da un gruppo di ricercatori internazionale che, per giungere ai propri risultati, ha raccolto e ordinato i dati su quasi 140 mila persone tra i 35 e i 70 anni di 17 diversi Paesi.
Dalla ricerca emerge in particolare che la forza della presa sarebbe un indicatore più preciso della misurazione della pressione sanguigna per predire il rischio cardiovascolare: il team lo ha definito “uno strumento semplice e poco costoso“. Ovviamente, spiegano gli esperti, la forza della presa varia a seconda del sesso e con il passare degli anni tende gradualmente a diminuire: soggetti a rischio cardiovascolare possono quindi essere considerati coloro la cui forza di presa declina velocemente. Il motivo per cui il peggioramento della salute del cuore potrebbe manifestarsi con una presa più debole rimane però ancora sconosciuto.
Secondo gli esperti mediamente le donne intorno ai 25 anni hanno una forza di presa della mano pari a circa 34 kg, che a 70 anni scende a circa 24 kg; negli uomini le cifre corrispondenti sono rispettivamente di 54 e 38 kg. Dai dati raccolti dagli studiosi è emerso che ogni 5kg di riduzione immotivatadella forza di presa le probabilità di avere una morte prematura per diverse cause aumentano del 16%, quelle di morire per cause cardiovascolari aumentano del 17% e quelle di sviluppare un infarto o un ictus crescono rispettivamente del 7 e del 9%.
“La forza della presa potrebbe essere un test semplice ed economico per valutare il rischio individuale di morte e di malattie cardiovascolari – spiega Darryl Leong, della McMaster University in Canada, primo autore dello studio -. Sono però necessarie ulteriori ricerche per stabilire se gli sforzi per migliorare la forza muscolare sono in grado di ridurre il rischio individuale di morte e malattie cardiovascolari“.