Esplora il significato del termine: L’epidemia di influenza “suina” in corso in India, che è costata già più di 1200 vite, potrebbe non avere un ceppo identico a quello nordamericano del 2009 (responsabile della pandemia che fra il 2009 e il 2012 ha ucciso oltre 18.000 persone in tutto il mondo), come invece recentemente era stato più volte dichiarato dalle autorità competenti indiane.
Mutazioni nel virus indiano Lo sostiene uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT), i cui scienziati hanno condotto un’analisi comparativa sui due ceppi virali che ha evidenziato come il virus dell’influenza attivo ora in India presenti mutazioni che renderebbero il virus stesso in grado di diffondersi con più facilità. L’analisi del MIT, che ha confrontato le proteine virali determinanti per la virulenza e la trasmissibilità delle epidemie di influenza del 2009 e del 2014, è stata condotta da Ram Sasisekharan, del Koch Institute for Integrative Cancer Research, ed è apparsa in marzo sulla rivista Cell Host & Microbe. «In India è stata ampiamente diffusa la notizia che il responsabile dell’attuale epidemia fosse un virus simile a quello A/California/07/2009», ha spiegato Sasisekharan.
«L’analisi dei virus influenzali H1N1 circolati in India nel 2014 mostra però mutazioni di aminoacidi che li rendono diversi dal virus A/California/07/2009». Studio da approfondire per l’efficacia del vaccino «E’ opinione diffusa che l’attuale vaccino contro l’influenza H1N1 sia ancora efficace per la maggior parte dei casi», aggiunge lo studioso. «Ma l’efficacia del vaccino attuale è invece discutibile viste le differenze fra i due virus». Gli autori dello studio puntano il dito sul fatto che dal 2012 il numero di sequenze virali sottoposto ad analisi nel Paese asiatico sia stato troppo basso rispetto al numero di persone suscettibili di infettarsi, e che scarso sia anche stato il monitoraggio dei virus influenzali nella popolazione animale.
«Sotto molti aspetti la gestione del focolaio H7N9 del 2013 rappresenta un modo scientificamente valido per gestire un’epidemia del genere di una malattia infettiva», spiega Sasisekharan. «Le sequenze del virus sono state rapidamente messe a disposizione della comunità scientifica, il fenotipo del virus è stato valutato in studi controllati e i risultati sono stati diffusi sulle pubblicazioni scientifiche. Contemporaneamente sono state sviluppate adeguate strategie vaccinali».L’epidemia di influenza “suina” in corso in India, che è costata già più di 1200 vite, potrebbe non avere un ceppo identico a quello nordamericano del 2009 (responsabile della pandemia che fra il 2009 e il 2012 ha ucciso oltre 18.000 persone in tutto il mondo), come invece recentemente era stato più volte dichiarato dalle autorità competenti indiane.
Mutazioni nel virus indiano Lo sostiene uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT), i cui scienziati hanno condotto un’analisi comparativa sui due ceppi virali che ha evidenziato come il virus dell’influenza attivo ora in India presenti mutazioni che renderebbero il virus stesso in grado di diffondersi con più facilità. L’analisi del MIT, che ha confrontato le proteine virali determinanti per la virulenza e la trasmissibilità delle epidemie di influenza del 2009 e del 2014, è stata condotta da Ram Sasisekharan, del Koch Institute for Integrative Cancer Research, ed è apparsa in marzo sulla rivista Cell Host & Microbe. «In India è stata ampiamente diffusa la notizia che il responsabile dell’attuale epidemia fosse un virus simile a quello A/California/07/2009», ha spiegato Sasisekharan.
«L’analisi dei virus influenzali H1N1 circolati in India nel 2014 mostra però mutazioni di aminoacidi che li rendono diversi dal virus A/California/07/2009». Studio da approfondire per l’efficacia del vaccino «E’ opinione diffusa che l’attuale vaccino contro l’influenza H1N1 sia ancora efficace per la maggior parte dei casi», aggiunge lo studioso. «Ma l’efficacia del vaccino attuale è invece discutibile viste le differenze fra i due virus». Gli autori dello studio puntano il dito sul fatto che dal 2012 il numero di sequenze virali sottoposto ad analisi nel Paese asiatico sia stato troppo basso rispetto al numero di persone suscettibili di infettarsi, e che scarso sia anche stato il monitoraggio dei virus influenzali nella popolazione animale. «Sotto molti aspetti la gestione del focolaio H7N9 del 2013 rappresenta un modo scientificamente valido per gestire un’epidemia del genere di una malattia infettiva», spiega Sasisekharan. «Le sequenze del virus sono state rapidamente messe a disposizione della comunità scientifica, il fenotipo del virus è stato valutato in studi controllati e i risultati sono stati diffusi sulle pubblicazioni scientifiche. Contemporaneamente sono state sviluppate adeguate strategie vaccinali».