Apprendiamo a mezzo stampa della volontà delle Regioni di riproporre il progetto di creare un percorso formativo parallelo a quello della formazione specialistica, attraverso l’assunzione dei neo abilitati nelle strutture dei rispettivi Servizi Sanitari Regionali. Già in passato è emersa questa proposta in sede del Tavolo politico ex Art. 22 del Patto sulla Salute, preconizando di fatto il declassamento della formazione post lauream e del ruolo del medico. Si apprende, peraltro, dal comunicato del Coordinatore degli Assessori Regionali della Salute, della volontà di prevedere in questi percorsi paralleli per i formandi “piu’ ore in reparto e meno di didattica“, nonché di intraprendere una “sorta di ritorno al passato”.
A tali affermazioni i Giovani Medici (SIGM) replicano ricordando come, in atto, i medici specializzandi italiani trascorrano già la quasi totalità del loro tempo nelle corsie e nelle strutture dei Policlinici Universitari e delle Aziende Sanitarie delle Regioni, reggendone le sorti e garantendo l’assistenza dei pazienti. Inoltre, ci permettiamo di ricordare come sanità e medicina, che hanno quale punto di origine e di arrivo la salute dei cittadini, esprimano rispetto al passato una complessità tale da rendere inattuali ed inapplicabili i modelli formativi del passato. Per di più, la formazione del medico e delle professioni sanitarie rappresenta un asset strategico del sistema salute e pertanto dovrebbe essere considerata quale volano di sviluppo in una dimensione Europea ed internazionale votata alla competitività e non una voce di costo!
L’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM), pertanto, rispedisce al mittente tale proposta che appare più mossa da una logica contabile che rischia di creare medici e specialisti di serie A e di serie B, questi ultimi assunti a basso costo, probabilmente per il mero fine di mantenere in vita strutture sanitarie periferiche che andrebbero chiuse o riconvertite.
I Giovani Medici (SIGM) osservano come le Regioni, per sostenere il loro progetto, cerchino di cavalcare lo stato di profondo disagio, in cui versano migliaia di giovani medici abilitati ed abilitandi, ascrivibile all’imbuto formativo tra numero di laureati e contratti di formazione post lauream, alla cui genesi hanno colpevolmente contribuito, non essendo state in grado né di produrre una adeguata programmazione dei fabbisogni di professionalità mediche generaliste e specialistiche, che deve essere funzione del bisogno di salute espresso dalla popolazione, nè, in larga parte, di riorganizzare l’assetto della rete assistenziale, che dovrebbe essere maggiormente orientata allo sviluppo delle cure primarie (dove in futuro si potranno aprire i maggiori spazi lavorativi).
Ricordiamo, peraltro, che le Regioni non documentano delle esperienze da portare ad esempio in tema di formazione post laream: queste, infatti, in atto organizzano i corsi regionali di formazione specifica di medicina generale, gestiti in collaborazione con il sistema ordinistico-sindacale, che esprimo standard formativi non in linea con quelli UE e che destinano ai giovani corsisti delle misere borse di studio, privandoli peraltro di ogni diritto fondamentale.
Appare, inoltre, quanto meno singolare che tale progetto, già accantonato anche a seguito delle dure critiche mosse dalla nostra Associazione, venga riproposto alla vigilia dell’emanazione del decreto ministeriale sulla riforma di riordino della formazione medica specialistica, quasi a concorrere con il lavoro che stanno profondendo il MIUR ed il Ministero della Salute.
Chiediamo che le Regioni, che dei medici generalisti e specialisti formati si avvalgono, si impegnino maggiormente per superare sprechi, clientele e corruzione in sanità per recuperare risorse preziose da investire nella formazione e nella stabilizzazione dei giovani medici. Siamo convinti che le Regioni possano e debbano compartecipare al finanziamento di contratti di formazione specialistica aggiuntivi per cominciare a colmare da subito il gap tra numero di laureati e contratti di formazione nel post lauream. Siamo, inoltre, a favore della reale integrazione delle reti formative delle scuole di specializzazione di medicina, nonché dell’adozione di indicatori di performance che permettano di identificare ed integrare le strutture con adeguate capacità assistenziali (e quindi formative-professionalizzanti), siano esse universitarie che del Servizio Sanitario Nazionale. A tal fine, chiediamo che le Regioni si spendano per compartecipare all’adozione di tale sistema, unitamente alla definizione di modalità di monitoraggio continuo della sussistenza degli standard e delle performance formative delle scuole di specializzazione, rendendo pubblici i risultati delle valutazioni. Concordiamo anche sul fatto che le Regioni debbano avere maggiori competenze programmatorie sui fabbisogni di professionalità mediche e sanitarie, purchè si dotino di strumenti adeguati per effettuare una previsione del fabbisogno (abbandonando la prassi di basarsi sul dato storico), tarata sullo sviluppo della rete assistenziale, per garantire ai professionisti sia il diritto alla formazione che all’accesso al mondo del lavoro. Ma, soprattutto, chiediamo che si apra un reale e serio confronto con tutti i portatori di interesse, ponendo fine alla stagione degli annunci di riforme calate dall’alto, peraltro in maniera del tutto scoordinata tra le Istituzioni centrali e regionali.