Cibo per il nostro cervello. L’attenzione al rapporto tra alimentazione e cervello potrebbe sembrare secondaria rispetto al ruolo fondamentale che la dieta assume in presenza di alcune patologie come quelle cronico-metaboliche e cardiovascolari. Tuttavia, l’emergenza sanitaria ed economica costituita dalle malattie neurodegenerative ha spinto sempre più i neurologi ad occuparsi di un argomento tradizionalmente di competenza prevalentemente di altri specialisti, la relazione appunto tra cibo e cervello, concludendone che un certo stile alimentare non solo svolge un ruolo protettivo contro i disturbi cognitivi e neurodegenerativi, ma può aiutarci a limitarne la progressione e finanche curarli. E proprio questo sarà il tema della ventesima edizione della Settimana Mondiale del Cervello (Brain Awareness Week), promossa in Italia dalla Società di Neurologia SIN. dal 16 al 22 marzo con il titolo “Nutrire il cervello. Dieta e malattie neurologiche”. Sono noti i benefici dell’adozione di uno stile di vita sano, che comprende l’abolizione del fumo e dell’alcol e della sedentarietà, e di un’alimentazione vegetariana, ricca di micronutrienti come minerali e vitamine della frutta e verdura, priva di un eccessivo carico glicemico e di grassi animali. Ora si vanno accumulando evidenze scientifiche del fatto che queste raccomandazioni sono utili anche per il mantenimento in salute del nostro cervello, nel suo stato fisiologico e patologico.
MALATTIA DI PARKINSON Nel caso del Parkinson, una delle più frequenti malattie neurodegenerative che colpisce nel nostro paese circa 200mila persone, la dieta ha effetto terapeutico e di prevenzione. Il regime da adottare è quello vegetariano e a basso contenuto proteico per evitare ogni interferenza con il farmaco in uso più potente, la levodopa. «La presenza di aminoacidi, frutto della scissione delle proteine, limita l’assorbimento duodenale del farmaco, riducendone così il livello ematico. La risultante diminuzione di efficacia della levodopa causa il peggioramento postprandiale che si osserva nei pazienti con il progredire della malattia», ha spiegato il professor Aldo Quattrone, Presidente della SIN. «Invece di modificare il trattamento, andrebbero date indicazioni alimentari». La dieta vegetariana viene in soccorso ai parkinsoniani anche perché fornisce minerali, come il calcio e il ferro, e vitamine di cui sono questi pazienti sono spesso carenti.
ALZHEIMER È la causa più comune di demenza, che colpisce attualmente più di 700.000 italiani. L’incidenza aumenta progressivamente con l’età, tanto che superati gli 80 anni una persona su 5 ne risulta affetta. Con l’invecchiamento della popolazione, si stima che nel 2020 i nuovi casi di demenza raddoppieranno, con i relativi costi umani e sociali. La mancanza di trattamenti farmacologi spingono i ricercatori a concentrarsi sulle sue fasi precliniche per prevenire e rallentarne la comparsa. In quest’ottica, l’alimentazione assume una particolare importanza. La proteina β-amiloide, il cui accumulo in aggregati è alla base della formazione delle celebri placche, è anche causa dell’infiammazione che porta alla degenerazione neurale. «È possibile contrastare i radicali liberi prodotti l’infiammazione attraverso l’assunzione di antiossidanti presenti nella dieta ricca di frutta e verdura (vitamine C ed E, licopeni, antocianine)» ha spiegato Carlo Ferraresi, direttore della clinica neurologica del San Gerardo di Monza e direttore di NeuroMi dell’Università Milano Bicocca. Inoltre, «alcune carenze vitaminiche, in particolare di folati e vitamina B12, possono facilitare l’insorgenza di demenza, e questo appare mediato da un aumento di omocisteina, che risulta tossica per i vasi ed i neuroni». Senza dimenticare l’importanza dell’attività fisica non per il corpo ma per il cervello: «Sollecitare il muscolo scheletrico è importante poiché produce una serie di sostanze trofiche per i neuroni, come, per esempio, il BDNF».
SCLEROSI MULTIPLA La SM è una malattia autoimmune del sistema nervoso centrale. Da tempo, gli scienziati sospettano che un ruolo chiave nella sua insorgenza possa essere svolto dagli acidi grassi animali. La letteratura scientifica conferma il ruolo dei grassi insaturi nel modulare e diminuire l’infiammazione svolgendo una funzione neuro-protettiva e la dieta è anche in grado di modificare la flora intestinale, il legame con il sistema immunitario è noto. Per quanto non vi siano ancora evidenze di una relazione causale tra patologia e alimentazione, una recente revisione Cochraine, condotta dal Besta con l’obiettivo di capire se e quanto degli accorgimenti alimentari possano migliorare gli esiti della malattia o interagire con i trattamenti farmacologici, ha parlato a questo proposito di “indizi” che confermano la necessità di approfondire. «Sarebbe quindi necessario, anche secondo gli stessi autori della meta-analisi, organizzare ampi studi su una popolazione numerosa di pazienti» ha spiegato Luigi Mancardi direttore della clinica neurologica dell’Università di Genova. «Inoltre, se si considera che uno dei meccanismi causali della SM è il danno ossidativo, appare fondamentale prediligere una dieta ricca di alimenti con proprietà anti-ossidanti, contenenti vitamina A, E, C, e acido lipoico».
PATOLOGIE CEREBROVASCOLARI Prima causa di morte e invalidità nel mondo sviluppato, colpiscono quasi una persona su due. Alcune condizioni che aumentano il rischio cardiovascolare sono pesantemente influenzate dalla dieta, come il diabete, che quadruplica il rischio, e la pressione arteriosa che aumenta di sei volte il rischio di ictus. «Se da un lato alcuni nutrienti sono associati a un maggiore rischio vascolare e vanno consumati moderatamente, come sodio, alcol e grassi saturi» ha spiegato Bruno Giometto direttore della Neurologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova, aggiungendo che una dieta ispirata a quella mediterranea e con un basso contenuto di sodio è importante nella prevenzione primaria dell’ictus, come sottolineano le moderne linee guida, anche quelle italiane SPREAD. «Per alcuni nutrienti è stato riscontrato un effetto protettivo: Omega -3, fibre, Vitamina B6 e B12, cosi come l’assunzione di calcio e potassio, attraverso la mediazione della pressione arteriosa diminuiscono il rischio di ictus cerebrale».
LA RISERVA COGNITIVA La parola d’ordine è, quindi, dieta vegetariana, regime in grado di proteggere l’organismo da molte patologie, ma sempre prestando la dovuta attenzione alle eventuali carenze in agguato con l’adozione di uno stile vegano.Tuttavia, sono molte le attività che costituiscono cibo per la mente. Uno stile di vita attivo e fisicamente e mentalmente stimolante permette di non esaurire la nostra “riserva cognitiva”, quel bagaglio di risorse che secondo i ricercatori ci metterebbe al riparo, ritardandolo, dal decadimento fisiologico dovuto all’età e anche dagli effetti delle malattie neurodegenerative, quando ormai diagnosticate. «Il cervello di un individuo con alta riserva cognitiva contiene un’elevata densità di contatti sinaptici, tali da generare networks cerebrali alternativi e facilmente utilizzabili in condizioni di difficoltà » ha spiegato il professor Gioacchino Tedeschi direttore del Dipartimento assistenziale di medicina polispecialistica dell’università di Napoli.
Molti studi dimostrano ormai che adottare ad ogni età una vita fisicamente attiva e intellettualmente impegnata, che includa attività sempre nuove, stimola la plasticità cerebrale, allontana il rischio di malattia e aumenta la nostra resilienza. «A nutrire il cervello e mantenerlo letteralmente attivo e in forma concorrono l’attività fisica e l’attività mentale. Quest’ultima, sia essa lavorativa o ludica, deve essere il più possibile interessante, coinvolgente e stimolante, in grado di aumentare continuamente le nostre conoscenze e competenze».