Clamoroso sviluppo della vicenda delle prescrizioni per l’osteoporosi a Catania. Il presidente dell’ordine dei Medici, professor Massimo Buscema, ha inviato una lettera al direttore Asp di Catania Giuseppe Giammanco e al presidente della commissione Asp Appropriatezza Prescrittiva Domenico Torrisi in cui annuncia di rinunciare di far parte della suddetta commissione.
Questo atto è da interpretare come un chiaro segno di difesa dei medici di famiglia da parte del presidente dell’Ordine di Catania. La vicenda non mancherà di avere sviluppi.
Intanto noi vi proponiamo integralmente la lettera inviata dal professor Buscema ai vertici Asp di Catania:
La mia disponibilità di presidente dell’Ordine a fare parte della Commissione istituita dall’Asp a seguito dell’ordinanza n.16 del 12/05/2015 è stata immediata e senza reclusione di sorta rimanendo a farne parte nonostante le dimissioni del dott. Franco Luca e del dott. Franco Rapisarda, parse come una fuga dalle responsabilità.
La Commissione dopo varie sedute in armonia con il rigore scientifico dell’attività svolta aveva ritenuto che le indagini della GdF fossero viziate per l’inattendibilità dei dati finali.
L’Asp invece di dare corso ad un rigoroso controllo sottoponendo a un riesame tutto il procedimento amministrativo adottato, nel timore inoltre di incorrere in azione di responsabilità erariale da parte della Corte dei Conti, ha smentito nei fatti le risultanze della Commissione di verifica per l’appropriatezza prescrittiva decidendo di addossare in tutto o in parte la responsabilità dei medici di famiglia in modo da scagionare i vertici dell’Asp, pienamente coinvolti, perlomeno per omesso controllo.
Orbene la descrizione di questa inverosimile storia ha quale unica conseguenza il discredito dell’intera classe dei medici di famiglia catanesi condizionandone oltremodo la libertà di agire nell’interesse della tutela della salute del paziente e facendo emergere gravissime responsabilità da parte dell’Asp di Catania.
Riteniamo tendenziosa la scelta del metodo di analisi inizialmente seguita che tiene conto unicamente delle MOC effettuate assolutamente errata e appropriata.
Così come non si comprende quale valenza indiziaria possa avere la tecnica statistica utilizzata dall’Asp che non tiene minimamente conto della effettiva condizione clinica dei singoli fruitori dei prodotti farmaceutici prescritti.
Il sistema delle medie ponderate pro capite è un metodo che non trova alcuna giustificazione scientifica: esso va semplicemente abolito o al massimo ridimensionato a semplice indicatore e giammai ad assoluta prova di colpevolezza.
La Corte dei Conti d’appello della Regione a tal proposito con la recente sentenza del 02/03/2015 afferma che “il solo scarto delle medie prescritte non basta a far condannare i medici e il danno va sempre provato ed è imputabile solo ad eventuale colpa grave e si attua solo in caso di attuale negligenza, imprudenza ed imperizia da parte del medico”, insomma per condannare un medico per presunta prescrizione inappropriata non si può e non si deve ragionare solamente sugli discostamenti statistici valutati in astratto, sulla base di ipotetici sforamenti delle medie prescrittive di altri medici dello stesso distretto, ma invece “vanno provate ulteriori specifiche voci di danno frutto di ingiustificate prescrizioni”.
Diversamente argomentando sarebbe troppo facile accusare i medici sulla base di astrusi report per non verificabili e non interpretabili dati statistici ottenuti dopo 5 anni, come il caso in specie, richiedendo documentazione a discolpa che niente e nessuno al momento obbliga a conservare negli archivi dei singoli esercenti la professione sanitaria.
Riguardo poi al profilo temporale della contestazione mossa dall’Asp nei confronti degli esercenti dell’attività sanitaria non può rilevarsi che la documentazione risalente ad un periodo eccedente di 180 giorni appare una ingiustificata inversione dell’onere probatorio a carico degli stessi nella discolpa delle contestazioni mosse.
Per le ragioni fin qui esposte comunico alle SS.VV. che non sussistono più le condizioni per rimanere a fare parte di una Commissione consultiva per l’esame e la verifica dell’appropriatezza prescrittiva assistendo al discredito dell’immagine e del ruolo dei medici di famiglia e al condizionamento delle loro attività.
Con rammarico prof. Massimo Buscema.