Lo strumento delle collaborazioni coordinate e continuative è stato in passato utilizzato sia per le minori garanzie offerte al lavoratore, in tema di ferie, infortunio e malattia, sia per il più favorevole regime contributivo e assicurativo.
Contesto normativo
Il precariato è stato introdotto in Italia con la legge 196/1997, il Pacchetto Treu, che ha legalizzato le agenzie interinali con l’obiettivo di favorire l’occupazione, che all’epoca si intendeva principalmente a tempo indeterminato. Un primo intervento normativo si è avuto con la legge 30/2003 (la legge Biagi), volta a eliminare l’uso distorto dei Co.Co.Co., mediante la fissazione di precisi criteri, cui ha fatto seguito l’emanazione del Dlgs 10 settembre 2003 n. 273 (articoli 61-69), che sostituì la figura contrattuale del Co.Co.Co. con quella del Co.Co.Pro., prevedendo altresì la confluenza delle situazioni contrattuali di collaborazione continuativa in atto in collaborazioni a progetto.
La differenza sostanziale fra le due ipotesi va collegata alla considerazione che attraverso la formula in vigenza prima del 2003 si instaurava un rapporto di lavoro senza limiti di tempo. La legge Biagi, infatti, riconduceva le medesime collaborazioni in uno o più progetti specifici e differenziava il contratto a progetto rispetto ai rapporti di lavoro meramente occasionali (non superiori a 30 giorni di lavoro con lo stesso committente con compenso inferiore a euro 5.000,00).
La disciplina attuale prevede per il rapporto una “durata” collegata con l’espletamento di uno o più progetti produttivi specifici o di un programma di lavoro o fase di esso. Non più, dunque, una generica continuatività, ma una riconducibilità a un preciso momento collaborativo definito anche nel tempo oltre che nelle sue individuate fasi e realizzazioni.
Inoltre, con la legge 296/2006, si è attribuita al Co.Co.Pro. la disciplina riguardante l’erogazione dell’indennità di malattia a carico dell’Inps che il decreto legislativo 276/2003 limitava ai soli casi di degenza ospedaliera.
Con la circolare Inps n. 78/07, la quale richiama l’articolo 1, commi 1202-1210 della legge 296/2006 (finanziaria per il 2007, varata dal governo Prodi), ai datori di lavoro è stata concessa la possibilità di trasformare i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.), anche nella modalità a progetto (Co.Co.Pro.), in rapporti di lavoro subordinato, mediante sottoscrizione, da parte dei “lavoratori interessati”, di atti di conciliazione individuali «conformi alla disciplina prevista dagli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile».
Ma la cosiddetta stabilizzazione, intesa come assunzione a tempo pieno e indeterminato, risulta attuabile soltanto sulla carta poiché sono state disseminate molte restrizioni normative nel corso della finanziaria per il 2007, le quali effettivamente, autorizzano una sola eventualità: la trasformazione dei suddetti rapporti in contratti di lavoro subordinato a tempo determinato della durata massima di 24 mesi.
Il datore di lavoro, versando alla gestione separata dell’Inps «a titolo di contributo straordinario integrativo finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale», una somma «pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del rapporto di lavoro» (articolo 1, comma 1205, della legge 296/2006), avrà la certezza dell’estinzione dei reati commessi per il mancato versamento di contributi, di imposte sui redditi ecc., «compresi quelli relativi agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali e in materia di sgravi degli oneri sociali» (circolare Inps n. 78/07, paragrafo 5) e verrà posto il divieto a «ogni accertamento di natura fiscale e contributiva» per i precedenti «periodi di lavoro prestato dai lavoratori interessati dalle trasformazioni». Quindi, il lavoratore non vedrà riconosciuti i propri periodi contributivi pregressi.
La circolare del ministero del Welfare 8 gennaio 2004 esclude l’eventualità di utilizzare come punto di riferimento per la retribuzione del lavoratore Co.Co.Pro, i salari dei lavoratori subordinati cioè basati sulla contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati. L’unico criterio indicato dalla legge è quello dei rimborsi corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.
Infine la Corte di giustizia europea sul precariato pubblico (cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13 e causa C-418/13) con una chiara e limpida sentenza, che fuga ogni dubbio, sancisce la totale incompatibilità della normativa italiana in tema di contratti a termine nella Pa con la direttiva 70/1999 dell’Unione europea. Al punto 72 della sentenza, secondo la Corte «occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro mira ad attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese a evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (si vedano, in particolare, sentenze Adeneler e a., C 212/04, EU:C:2006:443, punto 63; Kücük, C 586/10, EU:C:2012:39, punto 25, nonché Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 54)»; al punto 73 la Corte afferma che «come risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, così come dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, infatti, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 62, nonché Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 55)».
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 26951 del 2 dicembre 2013, cancella le sue due precedenti sentenze 392/2012 e 10127/2012, riconoscendo ai precari, ai sensi dell’articolo 36 del Dlgs 165/2001, il diritto al risarcimento del danno per illegittimità e abuso dei contratti a termine.
La sentenza n. 26951 è stata emanata a pochi giorni dalla conclusione della procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per utilizzo abusivo del personale precario, inizialmente intrapresa solo per il personale non docente della scuola, poi nel 2012 estesa anche al personale docente e il 26 agosto 2013, in seguito a numerosissime denunce, estesa a tutto il pubblico impiego.
Questa sentenza della Suprema corte anticipa di qualche mese la sentenza della Corte di giustizia europea sul medesimo tema.
La legge 92/2012 (legge Monti-Fornero) interviene nuovamente sull’istituto, in un’ottica di razionalizzazione complessiva delle tipologie contrattuali esistenti e di contrasto all’utilizzo improprio degli strumenti di flessibilità del mondo del lavoro.
Con particolare riferimento al contratto a progetto, il Governo persegue l’obiettivo «… di evitarne utilizzi impropri in sostituzione di contratti di lavoro subordinato», prevedendo «… disincentivi tanto normativi, quanto contributivi volti alla riduzione di quei fenomeni di dumping sociale, incentrato sull’abbattimento del costo del lavoro».
Al di fuori dell’ambito applicativo della norma rimangono invece, ancora una volta, fattispecie di collaborazione (anch’esse coordinate e continuative) che non presentano significativi rischi di non rispetto della normativa inderogabile del diritto del lavoro.
La legge 296/2006 all’articolo 61, comma I, richiede che il progetto «… non può comportare lo svolgimento di compiti esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».
La circolare 29/2012 precisa ulteriormente che: «… i compiti meramente esecutivi sono quelli caratterizzati dalla mera attuazione di quanto impartito dal committente, senza alcun margine di autonomia, anche operativa, da parte del collaboratore».
I compiti meramente ripetitivi, invece, attengono a quelle «attività elementari, tali da non richiedere, per loro stessa natura, nonché per il contenuto delle mansioni nelle quali si articolano, specifiche indicazioni di carattere operativo fornite dal committente».
La stessa circolare 29/2012, chiarisce «… che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato» e precisa che l’identità deve riguardare le modalità operative con cui vengono svolte le mansioni, non le attività stesse (orario di lavoro, sottoposizione al potere direttivo del datore di lavoro, assenza di autonomia nello svolgimento delle prestazioni).
Il medico italiano è sempre più precario
In 10 anni, nel nostro Paese, il numero dei camici bianchi con contratti di lavoro a termine è quasi raddoppiato: da 3.700 a 6.000. Quasi il 50 per cento in più. Una percentuale, tra l’altro, che per quanto riguarda le donne medico è stata ampiamente raggiunta: se nel 2001 i camici rosa precari erano 1.700, alla fine del 2009 se ne contavano già 3.400. È quanto emerge dalle tabelle della Ragioneria dello Stato sul personale del Servizio sanitario nazionale con rapporto di lavoro flessibile.
L’indagine – una fotografia sulla forza lavoro che si occupa del bene più prezioso: la salute dei cittadini – mette a confronto due prospetti del Conto annuale, quello del 2001 e quello del 2009.
Il paragone tra le due tabelle non lascia spazio a dubbi: dal 2001 al 2009 l’esercito dei camici bianchi a tempo determinato – ma vale anche per gli infermieri e fisioterapisti – è aumentato e di molto. Nel 2001 si contavano 3.527 medici (1.718 donne); 168 veterinari (62 donne); 1 odontoiatra.
Alla fine del 2009, quindi dopo 10 anni, i numeri sono decisamente diversi. Per le stesse categorie professionali oggi abbiamo: 5.889 medici (3.373 donne). Il 6,20% dei medici con meno di 40 anni si può definire disoccupato o, meglio, “gettonista”: il suo contratto di lavoro è atipico e con soluzione di continuità tra un impiego e l’altro. Il contratto atipico è quasi consuetudine nelle fasce d’età tra i 25 e i 33 anni, sia per il settore pubblico sia privato, mentre per una stabilizzazione bisogna aspettare di avere tra 33 e 40 anni (fonte Fnomceo).
La spesa sanitaria per il personale
Lo screening iniziato nel mese di giugno 2013 e concluso nel mese di ottobre 2013 dalle commissioni della Camera, Bilancio e affari sociali ha dimostrato che la spesa per il personale è pari al 40% del totale; quella per beni e servizi è il 21%, le prestazioni erogate da privati accreditati circa il 23%, la spesa farmaceutica convenzionata e ospedaliera circa il 16 per cento.
La dinamica della spesa per il personale – spiega il rapporto – presenta una significativa riduzione, dal 5,4% annuo osservato in media del periodo 2000-2006 all’1,4% nel 2006-2010 fino a risultare negativa nel biennio 2010-2012 (-2,1%). Quindi una spesa per il personale superiore agli altri capitoli notata dai nostri governanti fa pensare a possibili politiche di limitazione di questa spesa, ovvero riduzione numero dei lavoranti… e task shifting.
Fino a qualche anno fa, la legge si occupava di regolare soprattutto il lavoro dipendente, quello di chi viene assunto senza una data di scadenza.
Oggi il clima sembra essere mutato: le aziende, per essere competitive, cercano la flessibilità, cioè vogliono poter cambiare con la velocità con cui cambia il mercato. Per farlo, devono ridurre i costi, tra i quali la spesa per il personale è una delle più rilevanti.
A incidere non sono tanto gli stipendi (che, anzi, sono tra i più bassi d’Europa), quanto gli oneri fiscali e previdenziali. Questi, con la finanziaria del 2007, sono aumentati del 5% anche per le collaborazioni occasionali.
Nonostante questo, per il datore di lavoro i contratti atipici restano i più vantaggiosi, perché hanno meno oneri. Così, spesso, per chi cerca un impiego, diventano una strada obbligata.
Cerchiamo prima di tutto di analizzare le diverse forme di lavoro presenti oggi in Sanità.
Per legge (Dl 276/2003), Co.Co.Co. e Collaborazione occasionale
La differenza tra il compenso lordo e il netto varia a seconda del tipo di contratto. Da uno all’altro, infatti, cambia l’ammontare delle imposte e dei contributi che, a seconda dei casi, sono ripartite tra il collaboratore e il datore di lavoro o del tutto a carico del lavoratore. Di anno in anno, le spese stanno diventando più onerose. Le riassume la tabella in alto, tenendo conto delle variazioni che sono state introdotte nell’ultima Finanziaria.
Nonostante la finanziaria 2007 abbia introdotto nuove regole, alcune delle quali vanno incontro a esigenze basilari dei lavoratori. Dal 1° gennaio 2007 per gli iscritti alla gestione separata (e non ad altre forme di previdenza), l’aliquota contributiva passa dal 18,20 al 23 per cento. Per chi è coperto da altre forme di previdenza o è già titolare di pensione, invece, l’aliquota aumenta dal 10-15% (a seconda dei casi) al 16 per cento.
L’indennità di malattia
Un tempo non era prevista. Dal 1° gennaio di quest’anno, invece, ai collaboratori iscritti alla gestione separata spetterà un’indennità giornaliera di malattia a carico dell’Inps, per un massimo di 20 giorni nell’arco di un anno.
Congedo parentale
Anche questa è una novità (prima non era previsto, se non in casi particolari): per nascite, adozioni e affidamenti si ha diritto a un trattamento economico per un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, di importo pari al 30 per cento del reddito.
Le diverse tipologie di lavoro atipico e precario presenti oggi in Italia, non aiutano certo a sopire una problematica cogente che tocca non solo i medici, privi di qualsivoglia forma di tutela e di prospettiva professionale, ma anche i pazienti colpiti nella continuità assistenziale e terapeutica, nonché le aziende che, nonostante il presunto vantaggio economico derivante dall’utilizzo spasmodico di tali forme di assunzione, non riescono comunque a sopperire alle evidenti carenze organiche, non potendo inserire i lavoratori atipici nelle piante organiche aziendali.
Lavoro autonomo occasionale
Si considera tale qualsiasi attività di lavoro autonomo esercitata in modo sporadico (es. un medico che scrive occasionalmente un articolo su una rivista scientifica). Il decreto legislativo 276/2003 li ha definiti: la durata complessiva non deve essere superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare, nei confronti dello stesso committente; il compenso percepito nel medesimo anno solare non deve superare i 5.000 euro (in caso contrario si applicano le disposizioni previste per il contratto a progetto).
Una proposta di contratto individuale di lavoro
Riferimenti normativi
(Articolo 13 CCNL 8.6.2000 I biennio economico, articolo 10 CCNL 3.11.2005, articolo 24 CCNL 3.11.2005)
1. L’assunzione dei dirigenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ha come presupposto l’espletamento delle procedure concorsuali e selettive previste dai DD.PP.RR. 483 e 484 del 1997.
2. L’assunzione dei dirigenti con rapporto di lavoro a tempo determinato ha come presupposto l’espletamento delle procedure selettive richiamate dall’art. 16(pag. 130) del CCNL del 5 dicembre 1996 (Assunzioni a tempo determinato)46 nonchè quelle individuate dall’art. 15 septies del d.lgs. 502/1992.
3. L’assunzione, con la quale si costituisce il rapporto di lavoro dei dirigenti, avviene mediante la stipulazione del contratto individuale.
4. Il contratto individuale, che è regolato da disposizioni di legge, normative comunitarie e dal presente contratto, richiede la forma scritta. In esso sono comunque indicati:
a) tipologia del rapporto di lavoro (a tempo indeterminato o determinato);
b) data di inizio del rapporto di lavoro e data finale nei contratti a tempo determinato;
c) area e disciplina di appartenenza;
d) incarico conferito e relativa tipologia tra quelle indicate nell’art. 27(pag. 38) CCNL 8.6.2000 I biennio economico (Tipologie di incarico), obiettivi generali da conseguire, durata dell’incarico stesso che è sempre a termine, modalità di effettuazione delle verifiche, valutazioni e soggetti deputati alle stesse;
e) il trattamento economico complessivo corrispondente al rapporto di lavoro ed incarico conferito, costituito dalle:
– voci del trattamento fondamentale di cui all’art. 33 comma 1, lett. A) (pag.143) CCNL 3.11.2005 (Struttura della retribuzione);
– voci del trattamento economico accessorio di cui all’art. 33 comma 1, lett. B) CCNL 3.11.2005 (Struttura della retribuzione) ove spettanti;
f) indennità di esclusività del rapporto nella misura spettante;
g) periodo di prova ove previsto;
h) sede di destinazione;
In considerazione del ‘job acts’ DECRETO-LEGGE 20 marzo 2014, n. 34 “ Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”. (14G00046) (GU n.66 del 20-3-2014) , dal quale sembra al momento esclusa la sanità, traiamo spunti di grande interesse che potrebbero essere utilizzati al fine di eliminare le forme di lavoro atipiche della sanità.
Campo di applicazione
Tale proposta dovrebbe essere applicata ai medici precari atipici che lavorano ad oggi con contratti di collaborazione a progetto, o altre forme di lavoro precario subordinato e parasubordinato.
Prinicpi generali
Retribuzione e sue definizioni
(Art. 26 CCNL 10.2.2004)
1. La retribuzione corrisposta mensilmente, salvo quelle voci del trattamento economico accessorio per la quali la contrattazione integrativa può prevedere diverse modalità temporali di erogazione.
2. Sono definite le seguenti nozioni di retribuzione:
a) retribuzione mensile, costituita dal valore economico tabellare mensile per la qualifica dirigenziale
b) retribuzione base mensile, costituita dal valore della retribuzione mensile (CCNL 2008/2009)
c) retribuzione individuale mensile, costituita da:
– retribuzione base mensile di cui alla lett. b);
– indennità di specificità medica;
sarebbero escluse le indennità di posizione , l’indennità di esclusività di rapporto.
Sarebbe altresì inclusa l’indennità di anzianità di servizio , non intesa come conguaglio economico, bensì, in ottemperanza al jobs act, come punteggio da maturare ai fini della conferma al termine del rapporto di lavoro.
Il termine dei rapporti di lavoro così strutturati sarebbe di 36 mesi, con valutazione annuale da parte del Consiglio dei sanitari, al termine dei quali il lavoratore viene stabilizzato, o licenziato in base agli obiettivi raggiunti.
d) retribuzione globale di fatto annuale, costituita dall’importo della retribuzione individuale mensile per 12 mensilità di cui alla lett. c), alla quale si aggiunge il rateo della tredicesima mensilità per le voci che sono corrisposte anche a tale titolo,
3. La retribuzione giornaliera si ottiene dividendo le corrispondenti retribuzioni mensili di cui al comma 2 per 26.
4. La retribuzione oraria si ottiene dividendo le corrispondenti retribuzioni mensili di cui al comma 2 per 156.
5. Le clausole contrattuali indicano di volta in volta a quale base retributiva debba farsi riferimento per calcolare la retribuzione giornaliera ed oraria.
Orario di lavoro
L’orario settimanale di lavoro complessivo per i dirigenti medici viene confermato in 38 ore settimanali, delle quali 34 costituiscono il monte da dedicare alle attività assistenziali e allo svolgimento delle attività gestionali, e quattro ore sono destinate ad attività non assistenziali quali l’aggiornamento professionale, l’ECM, la partecipazione ad attività didattiche, la ricerca finalizzata, aggiornamento facoltativo, etc.. La riserva di 4 ore destinata ad attività non assistenziale o cumulata in ragione d’anno si somma agli 8 giorni previsti dall’art. 23, comma 1. Le ore destinate all’attività non assistenziali vanno considerate quale presenza effettiva in servizio e certificate mediante presentazione di idonea documentazione. Ove dette ore per qualunque ragione non venissero utilizzate entro l’anno di riferimento non sono recuperabili nell’anno successivo. Sono stabilite in misura annua pari a gg. 34 o 36 (30 o 32 per anzianità inferiore ad anni 5) a seconda dell’articolazione dell’orario e comprendono i 4 gg. di festività soppresse. Non sono fruibili ad ore. Devono essere fruite nel corso di ciascun anno solare, almeno gg. 15 a richiesta del dipendente devono essere fruite nel periodo estivo. le eventuali ferie residue, non fruite per indifferibili esigenze di servizio o per motivi personali nel corso dell’anno di riferimento, previa autorizzazione dovranno essere fruite nel primo semestre dell’anno successivo. I giorni di festività soppresse devono essere utilizzati nell’anno di riferimento.
Per la maternità sarebbe valide le disposizioni di cui al CCNL 2008/2009 della dirigenza medica.
Attività concorsuali
Nell’ambito dell’espletamento di bandi concorsuali, attribuzione di uno specifico punteggio (il 20% del punteggio complessivo) nella valutazione titoli al servizio prestato presso l’ente banditore del personale con contratti di lavoro flessibile;
-valutazione dell’opportunità di trasformazione dei contratti atipici in contratti a tempo determinato nell’ambito della cornice normativa proposta dal jobs act, cornice di possibile riferimento normativo sebbene non estesa al servizio pubblico.
In definitiva, con tale proposta di contratto, le Aziende riuscirebbero a far fronte ai piani di rientro e all’impedimento di aumento di spesa, senza tuttavia contravvenire alle esigenze normative che impongono la salvaguardia dei LEA.
Il lavoratore, dal suo canto, vedrebbe finalmente salvaguardati i diritti minimi di goni lavoratore.