Non sono disponibili dati epidemiologici dettagliati per tutte le forme di malattie della tiroide, ma i risultati di alcune indagini suggeriscono che in totale ci siano in Italia 6 milioni di persone che presentano problemi di questo tipo. Il sitoEpicentro indica che, in età adulta, le donne presentano molto più spesso patologie della tiroide e, in particolare, che un’infiammazione come la tiroidite di Hashimoto è da 3 a 5 volte più frequente nella popolazione femminile. L’ipotiroidismo colpisce fino a dieci volte di più le donne che gli uomini; inoltre, dal 5 al 9% delle donne che partoriscono presenta una forma caratteristica di tiroidite, definita post partum, che poi tende a risolversi. Frequenti sono anche i noduli della tiroide, dei quali solo una minima percentuale consiste in lesioni maligne. Anche il cancro della tiroide si riscontra più spesso nelle donne ma, per fortuna, è una delle forme di tumore nelle quali si ottiene la più alta percentuale di guarigione, fino a oltre il 90%. Patologie così frequenti e diffuse possono impattare in maniera significativa sull’attività delle strutture sanitarie, sull’impegno di chi vi lavora e sui costi dell’assistenza. La prevenzione è uno degli strumenti disponibili per ridurre la diffusione di alcune malattie della tiroide. Le campagne lanciate negli ultimi anni per promuovere un adeguato apporto di iodio con la dieta e i progetti sviluppati sull’argomento dall’Istituto Superiore di Sanità hanno l’obiettivo di ridurre la diffusione, e possibilmente di abolire, della carenza di iodio nella popolazione e, di conseguenza, di prevenire il gozzo endemico e alterazioni ad esso correlate, come i noduli.
La Settimana Mondiale della Tiroide, dal 18 al 25 maggio 2015 (guarda il sito ), è dedicata proprio a questo argomento e ha per titolo “Poco sale ma iodato: la prevenzione delle malattie tiroidee si fa mangiando sano”. Le patologie della tiroide che non si possono prevenire andrebbero almeno individuate precocemente, per evitare che una mancata o un’errata gestione iniziale renda più complesso e costoso curarle in seguito. Pur non disponendo di dati italiani, evidenze raccolte in altri Paesi indicherebbero elevate percentuali di soggetti che hanno alterazioni della tiroide e non lo sanno (Canaris et al. 2000). A questo problema contribuisce il fatto che molti sintomi provocati da tali patologie sono del tutto aspecifici, vale a dire che sono comuni ad altre malattie che nulla hanno a che fare con la tiroide. Inoltre, in molti soggetti, per lunghi periodi, rimangono di lieve entità e non suscitano l’attenzione, né di chi ne è affetto, né del medico curante. Ricerche eseguite su ampie popolazioni hanno dimostrato che l’informazione e la sensibilizzazione delle persone sono importanti per ridurre la quota di malattie della tiroide non diagnosticate (Canaris et al. 2013). Favorire una diagnosi più precoce delle malattie della tiroide e far emergere i casi comunemente non individuati ha un effetto sicuramente positivo sul benessere e sulla qualità di vita di chi presenta questi problemi, ma potrebbe far sorgere il dubbio che si traduca anche in un incremento delle risorse assorbite. Tale impatto non è prevedibile perché la diagnosi di primo livello può essere formulata sulla base di pochi e semplici esami e un’individuazione precoce della patologia previene sprechi e maggiori costi della gestione tardiva. Inoltre, va riconosciuto agli esperti di malattie tiroidee il merito di proporre continuamente nuove raccomandazioni mirate a semplificare i percorsi di diagnosi e i protocolli di cura con un occhio anche ai costi. D’altra parte l’alterazione della funzione tiroidea più frequente nella popolazione, vale a dire l’ipotiroidismo, può essere curata con un farmaco dal costo ridotto come la levotiroxina. Gli sforzi che gli specialisti profondono nell’ottimizzare la gestione di queste patologie senza gravare troppo sulle risorse delle loro strutture e la legittima aspirazione dei malati a essere seguiti nel miglior modo possibile sembrano scontrarsi, a volte, con norme e regole che condizionano i percorsi di diagnosi e di cura.
Durante una sessione dell’ultimo Congresso dell’Associazione Italiana della Tiroide (http://www.congressoait2014.it/programma/ ) alcuni medici hanno riportato esperienze secondo le quali le esenzioni dai ticket sanitari per alcuni gravi malattie tiroidee non sono applicati ovunque allo stesso modo. Ci possono essere differenze fra regione e regione, fra un’Azienda Sanitaria e l’altra. Addirittura c’è chi ha segnalato che fra utenti di una stessa Azienda Sanitaria che hanno la medesima malattia ci possono essere differenze, circa le procedure esenti, in base all’anno in cui è stata diagnosticata per la prima volta la patologia. Fra le procedure inspiegabili c’è anche quella di ricertificare periodicamente la presenza di patologie croniche che non possono guarire. E le prospettive per il futuro sono negative per i tagli ai servizi erogati da Regioni con problemi di bilancio sempre più gravi. In sostanza, anche in questa area clinica, non tutti gli italiani sono assistiti allo stesso modo. In uno scenario così complesso e caratterizzato da molti bisogni insoddisfatti può essere importante, da una parte aumentare la conoscenza delle persone circa il modo in cui si può manifestare una malattia della tiroide e dall’altra raccogliere riscontri su come queste patologie sono gestite.
La tiroide in primo piano
Il progetto Tiroide in Primo Piano (http://tiroideinprimopiano.it ), lanciato di recente dalla Fondazione Cesare Serono, si propone di fornire un contributo su ambedue i versanti. Un questionario di facile compilazione ha lo scopo di ricordare segni e sintomi con cui si possono presentare le patologie tiroidee, stimolando l’auto-osservazione e un’eventuale condivisione con il medico delle evidenze raccolte. Un altro questionario è rivolto a chi sa di avere un’alterata funzione della tiroide e serve a raccogliere informazioni e dati a riguardo e riscontri circa la soddisfazione degli utenti rispetto al modo in cui la loro patologia viene gestita. Per sostenere la campagna di sensibilizzazione promossa da Fondazione Cesare Serono, e realizzata grazie al contributo di Merck Serono S.P.A., gli utenti dei social network possono scattare un selfie con una farfalla, simbolo della tiroide, e postarlo sul proprio profilo FaceBook e/o Twitter scrivendo #tiroideinprimopiano; in questo modo, oltre a testimoniare il proprio impegno nell’iniziativa e a sottolineare l’importanza della diagnosi precoce, avranno la possibilità di partecipare a un servizio fotografico d’autore ed essere protagonisti di una mostra fotografica online.
Dottor Tommaso Sacco, Responsabile Scientifico della Fondazione Cesare Serono