Il tumore della prostata è la più frequente neoplasia dell’uomo con un’incidenza del 12%, sorpassando anche quella polmonare che arriva al 10 per cento. Il tumore della prostata è raro nei soggetti con meno di 40 anni e aumenta progressivamente con l’età. È stato calcolato quindi che un uomo, nel corso della vita, presenta un rischio di sviluppare un carcinoma prostatico clinicamente evidente pari a circa il 15%.
Inizialmente il tumore prostatico è confinato alla ghiandola ed è caratterizzato da una crescita molto lenta, potendo restare asintomatico e non diagnosticato anche per anni; in taluni casi, addirittura, non è in grado di alterare, anche se non curato, la qualità e la spettanza di vita del paziente. Infatti il carcinoma della prostata è “solamente” il terzo (7,6%) fra i killer neoplastici , superato dal cancro al polmone (27,6%) e dal cancro del colon (11,3%). Da questi dati si desume che, pur essendo tecnicamente sempre una malattia maligna, il carcinoma prostatico può comportarsi diversamente (come un lupo o come un agnello) in base alla malignità delle cellule che lo costituiscono. La malignità è sintetizzata da un numero detto “Somma di Gleason score” (Gs) che va da 5 a 10. Gli adenocarcinomi Gs 7 – 10 (definiti come mediamente o scarsamente differenziati) sono i più aggressivi e tendono a dare metastasi con molta più frequenza degli adenocarcinomi G 5 – 6 (definiti come ben differenziati).
Come si distinguono i tumori-lupi dai tumori-agnelli. La diagnosi di tumore alla prostata si basa su Psa, visita rettale e segni/sintomi riconducibili a una estensione locale o a distanza della neoplasia. In assenza di segni/sintomi sospetti e di una visita rettale della prostata normale spesso è solo il Psa l’unica spia di una neoplasia e un valore elevato, a giudizio del clinico, dovrebbe indurre a eseguire una biopsia prostatica per effettuare una diagnosi.
La neoplasia al momento della diagnosi può avere una diversa diffusione nell’organismo. Può essere completamente contenuta all’interno della ghiandola o, in termini tecnici, stadio T2 (T1 se la neoplasia non può essere palpata dal retto o identificata con esami radiologici), può aver intaccato i tessuti che rivestono la ghiandola o stadio T3, oppure può infiltrare la vescica o il retto o stadio T4. Quando la neoplasia acquisisce la capacità di diffondersi a distanza può dare metastasi ai linfonodi più prossimi alla prostata o stadio N1, oppure alle ossa o altri organi più raramente stadio M1.
Lo stadio della neoplasia è definito dalla visita rettale e da indagini strumentali accessorie che si eseguono solo in caso di fondato sospetto di diffusione metastatica. Si possono definire 4 categorie di tumore alla prostata attraverso la combinazione di Psa alla diagnosi, somma di Gleason score e stadio.
1. basso rischio: neoplasie completamente contenute all’interno della ghiandola, T1 o T2, ben differenziate con Psa alla diagnosi;
2. rischio intermedio: neoplasie completamente contenute all’interno della ghiandola, T1 o T2 e caratterizzate da differenziazione moderata (Gleason score 7) o da Psa alla diagnosi \>=10;
3. alto rischio: neoplasie che infiltrano i tessuti circostanti la ghiandola T3 oppure neoplasie scarsamente differenziate (Gleason score 8 – 10) oppure con Psa alla diagnosi \>= 20 ng/mL o diverse combinazioni di ciascuna di queste caratteristiche;
4. altissimo rischio: sono neoplasie che alla diagnosi infiltrano gli organi circostanti T4 o presentano metastasi linfonodali.