“All’indimenticabile memoria dell’Amico e Collega Carlo Testa”
BASI NEUROBIOLOGICHE DELL’ EPILESSIA: EPILETTOGENESI, ASPETTI SOCIALI E MEDICO-LEGALI
Nella società odierna è difficile sopravvalutare la frequenza e l’importanza di una malattia come l’epilessia. Si calcola che negli Stati Uniti più di un milione di persone sono colpite da epilessia, mentre in Europa sono circa 6 milioni (1 persona su 100) ed in Italia circa 500.000.
La frequente cronicità delle crisi è un fattore importante che si aggiunge alla loro già impressionante statistica. L’epilessia è tra le malattie neurologiche, la seconda per frequenza, ed è superata solo dall’apoplessia. L’epilessia può essere sostanzialmente definita come una disfunzione intermittente del sistema nervoso, causata probabilmente da una scarica improvvisa, eccessiva e disordinata di neuroni cerebrali. La scarica neuronale da luogo ad un disturbo pressocchè istantaneo della sensibilità, con perdita di coscienza e di ogni funzione psichica, inoltre si manifesta con movimenti convulsivi oppure una combinazione di questi fenomeni.
L’epilessia è nota sin dall’antichità e deriva da un termine greco che significa “impadronirsi” o “impossessarsi”, e sta ad indicare che la persona che ha una crisi è “posseduta” o, perlomeno è fuori controllo. Le caratteristiche sintomatologiche dell’epilessia sono state spesso causa di paura, sin dall’antichità fino a tutto il Medioevo, con tracce residue fino ai nostri giorni.
Già nella cultura greca e successivamente in quella romana, compaiono tentativi di spiegare la patogenesi delle crisi epilettiche con ipotesi che non ricorrevano al sovrannaturale.
Nel settecento, per l’influenza esercitata dall’illuminismo, si iniziarono ad effettuare osservazioni cliniche analitiche delle varie malattie, incluse l’epilessia.
Nel secolo XIX l’organizzazione dell’assistenza sanitaria cambia. Nascono grandi ospedali ed inizia quindi una nuova ricerca basata sull’osservazione diretta dei malati ricoverati. Anche nella moderna epilettologia è interessante notare che in Francia, Italia e Germania si affermarono tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, estreme conseguenze, promulgando diverse leggi che vietavano il matrimonio nei pazienti epilettici. Nel secolo successivo, Penfield e Jaspers formularono l’ipotesi, che le crisi focali devono iniziare in un punto preciso della corteccia cerebrale.
Il risultato di questo approccio è testimoniato da quello che è stato il primo intervento neurochirurgico dell’epilessia, eseguito il 25 maggio 1886 da un giovane neurochirurgo inglese, Alexander Horsley, al National Hospital di Londra, con l’assistenza di un grande scienziato quale John Hughlings Jackson.
Al paziente affetto da crisi epilettiche focali motorie fu asportata una cicatrice vicina all’area motoria. Dopo l’intervento residuò un’emiparesi che regredì in alcuni mesi, mentre le crisi epilettiche scomparvero definitivamente.
Dalle osservazioni cliniche di Jackson e dalla scoperta dell’elettroencefalografia di Hans Berger (1925) nasce la modera epilettologia, avvalendosi nell’ultimo scorcio del secolo appena concluso, della ricerca sullo sviluppo neurofisiologico e delle neuroimmagini.
L’epilessia è un comune disturbo neurologico invalidante che può essere curato in modo soffisfacente. Una terapia ben riuscita dipende pertanto dall’esatta classificazione del tipo di attacco e della sindrome epilettica, seguita dalla selezione di un appropriato farmaco antiepilettico ad un giusto dosaggio. I pazienti affetti da epilessia ricevono spesso una cura inadatta alle loro condizioni a causa di una non corretta diagnosi, di un trattamento non appropriato, e di un uso improprio di test diagnostici. La convinzione diffusa tra i medici, che le crisi convulsive occasionali siano tollerabili e siano indice di buon controllo, va cambiato.
Di fatto tutti gli epilettologi concordono sul fatto che il solo risultato accettabile debba essere l’indipendenza dalle crisi e dalle invalidità ad esse associate. Dato che l’epilessia è spesso cronica e dura tutta la vita, la maggior parte dei neurologi instaura con i loro pazienti un rapporto a lungo termine. L’epilessia può essere classificata in due categorie principali: parziale (localizzata) e generalizzata. L’epilessia parziale è generalmente connessa a lesioni strutturali, sia macroscopiche che microscopiche.
La forma generalizzata è spesso genetica o secondaria a diffusi e non specifici insulti cerebrali. Le caratteristiche cliniche e la eziologia sono abbastanza differenti ed il sistema di classificazione è soggetto a mutamenti a causa della caratterizzazione di nuove sindromi di epilessia. La maggior parte dei disturbi epilettici può essere diagnosticata tramite una accurata anamnesi ed esame clinico. Quando si raccoglie l’anamnesi di un paziente, i punti fondamentali da considerare sono: il numero delle crisi, l’età di insorgenza delle crisi e la descrizione dell’attacco da parte del paziente o di un osservatore affidabile. Il medico dovrebbe chiedere informazioni sull’aura e su prodromi, sul comportamento interaccessuale, sull’alterazioni dello stato di coscienza, sull’evoluzione delle crisi e sui deficit postaccessuali. Sono anche molto importanti il tipo di crisi, i fattori scatenanti le crisi, la frequenza delle crisi, ed i mutamenti di questa con lo sviluppo. Le crisi quando si ripetano nel giro di pochi minuti, entrano in una condizione di stato di male epilettico, per cui le crisi possono essere una minaccia per la vita del paziente.
È importante tenere presente che una o una serie di crisi, possono essere la manifestazione di una malattia neurologica in corso, che richiede l’impiego di particolari provvedimenti diagnostici e terapeutici. Quando le crisi si verificano in un periodo di tempo ampio, e in cui tutti gli attacchi sono più o meno dello stesso tipo, essi sono il risultato di un processo patologico ormai estinto, originato nel passato e di cui resta solo una cicatrice.
I pazienti con queste lesioni di vecchia data costituiscono la maggioranza dei soggetti affetti da crisi ricorrenti ed essi sono classificati come affetti da “epilessia idiopatica”. Vi sono altri tipi di epilessia per cui non si è mai potuto trovare una base anatomo-patologica e, per cui non vi sono cause sottostanti, eccetto per una determinazione genetica. Queste crisi sono state indicate con il termine di “primarie o centroencefaliche”.
La natura della lesione da cui origina la scarica epilettica è originata da una improvvisa alterazione del funzionamento del sistema nervoso che, ha come risultato una scarica parossistica ad alta frequenza, oppure una scarica sincrona a bassa frequenza e di grande voltaggio.
Questa scarica può avere origine da una assemblea neuronale situata in qualsiasi parte del cervello corticale o sottocorticale o forse anche nel tronco encefalico o nel midollo spinale. Le proprietà elettriche di un focus epilettogeno suggeriscono che i suoi neuroni sono deafferentati. Si sa che questi neuroni sono ipersensibili, ed essi possono rimanere in questo stato cronicamente, in uno stato di depolarizzazione parziale in grado di scaricare regolarmente a frequenze di 1000 Hz per secondo. La membrana citoplasmatica di queste cellule risulta avere un’aumentata permeabilità che le rende suscettibili all’attivazione da parte di ipertermia, ipossia, ipoglicemia, ipocaliemia, e anche da parte di stimoli sensoriali luminosi e durante certe fasi del sonno. Il calcio è di interesse particolare perché esso stabilizza le membrane cellulari ed è essenziale per la dismissione di mediatori sinaptici a livello dei terminali presinaptici. La scarica dei neuroni del focus epilettogeno corticale si riflette a livello elettroencefalografico in una serie di scariche periodiche con aspetto di punta che, aumentano progressivamente di ampiezza e di frequenza. Quando l’intensità della scarica critica supera un certo livello, essa riesce a vincere l’influenza inibitoria esercitata dai neuroni circostanti e si diffonde alle regioni corticali e sottocorticali vicine, attraverso connessioni sinaptiche brevi di tipo cortico-corticali. Se la scarica anomala rimane confinata al focus e alle regioni confinanti, non si avranno sintomi o segni di accesso. Se non viene controllata, l’eccitazione corticale si estende alla corteccia controlaterale attraverso le commessure interemisferiche e attraverso i tratti anatomicamente e funzionalmente collegate ai nuclei sottocorticali. A questo punto comincia la prima manifestazione clinica delle crisi, e i segni e i sintomi dipendono dalla parte di cervello da cui trae origine l’attività critica. L’attività eccitatoria che origina dai nuclei sottocorticali viene proiettata a livello del focus originario e ad altre regioni encefaliche.
Questo meccanismo che serve ad amplificare l’attività eccitatoria, da origine alla caratteristica scarica di tipo polipunta che si può registrare all’elettroencefalogramma (EEG). Vi è inoltre una propagazione in senso caudale, verso i neuroni spinali, che avviene attraverso le vie cortico-spinali e reticolo-spinali. La diffusione dell’eccitazione ai centri sottocorticali talamici e del tronco corrisponde temporalmente alla fase tonica, alla perdita di coscienza e alla comparsa dei segni di iperattività del sistema nervoso vegetativo. Poco dopo la diffusione dell’eccitazione inizia una inibizione diencefalo-corticale che interropompe in modo intermittente la scarica critica e cambia le caratteristiche di quest’ultima.
All’ EEG si verifica una transizione tra una attività tipo polipunta e una tipo punta onda. Le salve di attività clinica intermittente diventano via via meno frequenti e alla fine cessano del tutto, lasciando un esaurimento neuronale che si trovano nel focus epilettogeno. Quest’ultimo fenomeno si suppone possa essere la causa della paralisi post-epilettica di Tood.
Per quanto attiene gli aspetti sociali essi riguardono principalmente l’integrazione scolastica e l’integrazione nel mondo del lavoro. Pertanto, i problemi principali sono le crisi, la somministrazione dei farmaci in orario scolastico e il sostegno educativo di fronte a difficoltà cognitive e relazionali. La prima cosa da ricercare è lo sviluppo di un rapporto di fiducia tra la famiglia e la scuola. L’inserimento scolastico del bambino affetto da epilessia può andare incontro ad alcune difficoltà anche in considerazione del periodo d’ esordio della malattia, che si manifesta nel 70% dei casi in età prescolare e nel 30% in età scolare. Vanno inoltre sconsiderati gli aspetti psicologici, comportamentali e di rendimento scolastico in rapporto all’assunzione dei farmaci. L’integrazione del bambino spesso è complicata dall’atteggiamento degli insegnanti, dovuto a una scarsa informazione circa i bisogni terapeutici e le possibili manifestazioni di crisi, da cui deriva l’ ansia del rapportarsi con il bambino e talvolta il rifiuto, con la conseguente emarginazione del bambino stesso. In questi casi è utile organizzare dei corsi di aggiornamento per insegnanti, i cui corsi devono essere tenuti da medici epilettologi, pedagogisti, psicologi e insegnanti con esperienza in materia. Premesse le certificazioni da parte di uno specialista, riportando la diagnosi clinica e il suo relativo funzionamento, l’Amministrazione scolastica prevede un insegnante di sostegno disponibile per un numero di ore in rapporto alla gravità del caso. Per coloro che sono affetti da epilessia senza altre complicazioni, non è previsto alcun aiuto, salvo il caso in cui venga accertato che l’assunzione della terapia comporti disturbi della concentrazione, della memoria e della comprensione. Ad ogni modo, se vengono previste delle ore di sostegno, va programmato dai docenti un insegnamento individualizzato con obiettivi realmente raggiungibili, a seconda di quanto concordato dal consiglio di classe. Per quanto riguarda l’assunzione dei farmaci a scuola, la terapia, comprensiva di posologia e tempi di assunzione, deve essere certificata dallo specialista e consegnata al medico scolastico, che autorizzerà per iscritto gli insegnanti a far assumere le medicine al bambino. Da un’inchiesta condotta per conto della Lega Italiana contro l’epilessia nel 1990, volta a valutare l’atteggiamento del pubblico italiano nei confronti dell’epilessia e del soggetto che ne è portatore, ha messo in evidenza come il 16% della popolazione adulta intervistata affermasse di non conoscere la malattia. L’epilessia secondo Lennox, è “l’unica malattia per la quale chi ne è potatore soffre di più per l’atteggiamento che la gente ha nei suoi confronti che non per la malattia in se stessa”. La collettività accetta molto più facilmente colui che presenta una minorazione fisica permanente, ma tende a rifiutare chi, in pieno benessere, presenta una crisi di breve durata, la quale tuttavia “sconvolge” l’ordine naturale delle cose. Questi atteggiamenti di paura e di rifiuto si ripercuotono sul soggetto, provocando sensi di vergogna, di colpa e reazioni di difesa, sentimenti che vengono aggravati dalla frattura del vissuto personale che ogni crisi genera. Per quanto attiene l’integrazione nel mondo del lavoro, il 65-70% dei soggetti affetti da epilessia, è in grado di fornire prestazioni lavorative del tutto sovrapponibili a quelle del resto della popolazione. Un aspetto da sottolineare è costituito dal fatto che la percentuale di incidenti secondari al verificarsi di una crisi sul posto di lavoro, è di gran lunga inferiore a quella che si potrebbe supporre. È osservazione comune che i soggetti che lavorano presentano meno crisi di coloro che non svolgono nessuna attività lavorativa. Il ridotto numero di incidenti secondari ad una crisi, ha sicuramente subito un ulteriore calo a seguito dei progressi verificatisi negli ultimi anni nell’ambito della terapia dell’epilessia, sia per quanto attiene al dosaggio plasmatico dei farmaci antiepilettici, sia per quanto concerne l’applicazione di nuove strategie terapeutiche che, sempre più fanno ricorso alla prescrizione in monoterapia. In contrapposizione a questi dati, tuttavia, si hanno difficoltà di inserimento lavorativo dei soggetti affetti da epilessia, al momento dell’assunzione. L’interruzione del rapporto con la realtà, l’impossibilità di poter prevedere ed autogestire l’evento critico, costituiscono continue minacce all’identità ed alla sicurezza del paziente. Quando è noto lo stato di malattia, l’inserimento nel mondo del lavoro avviene con l’accettazione da parte del soggetto affetto, con un declassamento professionale.
In campo sociale nel mondo del lavoro avviene una discriminazione, soprattutto per la scarsa attuazione delle norme contenute nella legge vigente, riguardo l’inserimento occupazionale dei disabili (legge 68 del 13/03/1999), che è in realtà una legge fortemente innovativa. Allo stato attuale il tasso di disoccupazione è più alto nei soggetti con epilessia rispetto alla popolazione generale. Per l’iscrizione alle liste di collocamento obbligatorio deve essere accertata un’invalidità civile almeno pari al 46%. Per il riconoscimento di quest’ultima il soggetto affetto da epilessia deve presentare istanza alle Commissioni Mediche, come previsto dell’art. 20 del D.L. n. 78/2009 convertito con modificazioni nella Legge 102 del 3 agosto 2009. Coloro che presentano domanda di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, la domanda deve essere inoltrata all’ INPS anziché alla ASP, esclusivamente per via telematica, collegandosi al sito www.inps.it e accedendo all’ applicazione InvCiv2010. Il nuovo sistema organizzativo e procedurale si ispira al principio della trasparenza; la gestione telematica consente infatti la tracciabilità delle domande, durante tutte le fasi del procedimento. Cosa fare prima di presentare la domanda. La domanda di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità deve essere corredata dal certificato medico. Lo stesso certificato medico deve essere compilato on-line da un medico abilitato alla certificazione per via telematica. Pertanto, il cittadino che intende presentare domanda per il riconoscimento dello stato di invalidità civile, deve recarsi da un medico abilitato alla compilazione telematica del certificato medico che attesti le infermità invalidanti. Una volta compilato il certificato on-line a cura del medico, la procedura genera una ricevuta che il medico dovrà stampare e consegnare al cittadino. La ricevuta reca anche il numero di certificato che il cittadino dovrà poi riportare nella domanda. Il certificato ha una validità di 90 giorni dalla data di rilascio. Il medico provvede inoltre alla stampa e al rilascio del certificato medico firmato in originale che il cittadino dovrà comunque esibire all’atto della visita. La domanda potrà essere presentata dagli enti di Patronato e dalle Associazioni di categoria dei disabili. La convocazione a visita conclusasi la procedura, immediatamente il sistema propone una data di visita attraverso l’ agenda degli appuntamenti disponibili presso le ASP corrispondente per residenza del cittadino. Detto questo, per il soggetto affetto da epilessia, va fatta richiesta per l’assegnazione di un assegno mensile di invalidità qualora sia stata riconosciuta una invalidità superiore al 74% ai sensi del D.M. 5 febbraio del 1992. Le Commissioni competenti per il riconoscimento dell’invalidità civile dispongono dal Febbraio del 1992 ai sensi del D.M. del 5/2/1992 n. 43 pubblicato sulla (G.U. del 26 febbraio del 1992) di tabelle di riferimento che stabiliscono una percentuale di ridotta capacità lavorativa generica che, per quanto attiene l’epilessia viene espressa nel seguente modo:
Cod. 2001 Epilessia generalizzata con crisi annuali in trattamento, valutabile in misura fissa pari a 20%;
Cod 2002 Epilessia generalizzata con crisi mensili in trattamento, valutabile in misura fissa pari a 46%;
Cod. 2003 Epilessia generalizzata con crisi plurisettimanali in trattamento, valutabile in misura fissa pari a 100%;
Cod. 2004 Epilessia generalizzata con crisi quotidiane, valutabile in misura fissa pari a 100%;
Cod. 2005 Epilessia localizzata con crisi annuali in trattamento, valutabile in misura fissa pari a 10%;
Cod. 2006 Epilessia localizzata con crisi mensili in trattamento, valutabile in misura fissa pari a 41%;
Cod. 2007 Epilessia localizzata con crisi plurisettimanali o quotidiane in trattamento, valutabile in misura pari dal 91 al 100%.
Può anche essere richiesta l’indennità di accompagnamento, sempre che, nella certificazione medica si attesti che il soggetto “non è in grado di svolgere autonomamente gli atti quotidiani della vita”, corredato da specifica valutazione clinico-funzionale, attraverso frequenti follow-up clinico-strumentali ed ematochimici, eventuale dosaggio dei farmaci anticomiziali assunti, laddove la prescrizione richiede il monitoraggio del range terapeutico, da effettuarsi presso un centro di riferimento regionale, accreditato per lo studio e la ricerca dell’epilessia. Quando l’epilessia colpisce una persona che già lavora alle dipendenze di enti non pubblici, e per la quale vengono versati i regolari contributi I.N.P.S., è possibile richiedere una pensione di invalidità od inabilità, per riduzione a meno di un terzo della sua capacità di lavoro specifica in attività confacenti alle sue attitudini, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 222 del 12 Giugno 1984, o per assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 222 del 12 Giugno 1984. Analogamente, quando si presume che la malattia insorta durante l’attività lavorativa possa essere stata favorita, si può richiedere il riconoscimento dell’invalidità per cause di servizio, in specie essa si applica per le forme epilettiche di tipo post-traumatico.
Le crisi epilettiche sono uno dei più drammatici esempi del comportamento elettrico collettivo del sistema nervoso centrale dei mammiferi. Il pattern clinico distintivo delle crisi parziali e delle crisi generalizzate può essere attribuito ai diversi pattern di attività dei neuroni corticali. Le crisi epilettiche determinano inoltre modificazioni funzionali sia a breve che a lungo termine con variazioni dell’attività metabolica e dell’espressione di specifici geni.
Per quanto riguarda le variazioni del metabolismo neuronale indotte dalle crisi, queste rappresentano un punto fondamentale dell’epilettologia sperimentale in quanto per prime hanno consentito di studiare le conseguenze prodotte dalla crisi nell’intero circuito neuronale. Sul piano dell’epilettogenesi, le nostre conoscenze sul “male sacro” (morbus sacer) degli antichi autori, si sono approfondite nel corso degli ultimi 30 anni. Attualmente la definizione utilizzata è elettroclinica, trattandosi di una crisi cerebrale risultante dalla scarica ipersincrona di una assemblea neuronale, le cui ricerche di questi ultimi anni, hanno permesso una migliore conoscenza della permeabilità della membrana cellulare, sia delle sinapsi e della trasmissione sinaptica, sia dei neurotrasmettitori e del ruolo del potassio, del calcio nella glia, del ruolo dell’anidrasi carbonica e della barriera ematoencefalica nell’epilettogenesi. Sul fronte delle problematiche sociali, esse sono numerose e coinvolgono persone con epilessia, non solo nell’ambito della famiglia e della scuola, ma anche nel mondo del lavoro. In conclusione, l’atteggiamento che il medico deve assumere sin dall’inizio con la famiglia e con il paziente, è dare fiducia attraverso sostegni psicologici e terapeutici ed inoltre, insistere sulle grandi possibilità di guarigione della maggior parte dei casi di epilessia. Come in generale nelle varie branche della medicina, nell’ambito dell’epilessia il medico ha compiti di assistenza affinché il paziente sia seguito nella fase diagnostica e terapeutica nel migliore modo possibile. Dovere del neurologo è pertanto quello di informare adeguatamente il paziente sugli aspetti medico-legali riguardanti l’epilessia, ma anche obbligo etico e morale del neurologo è quello di aiutare il paziente a vivere in un giusto equilibrio la propria patologia considerando l’aspetto giuridico e tutelandosi dai pregiudizi sociali.
BIBLIOGRAFIA
ALFIO D’AGATI
Specialista in Neurologia
Specialista in Medicina Legale
Università di Catania
Ordine Medici prov. CT n. 8335