È nata sieropositiva nel 1996 ma oggi, a 18 anni di età e a 12 anni dalla sospensione dei trattamenti anti-retrovirali non presenta più il virus dell’Aids. È la prima volta che si registra una regressione del virus dell’Hiv in un tempo così prolungato, a 12 anni dall’interruzione delle cure. L’annuncio di questo caso, definito come «unico al mondo» dai medici dell’Institute Pasteur di Parigi, è stato fatto lunedì a Vancouver . «Se da un lato vuole proteggere la sua privacy, la ragazza ha capito benissimo che vive una situazione eccezionale sul piano medico», spiega Pierre Frange, pediatra e ricercatore all’ospedale Necker di Parigi, nonché autore dello studio presentato alla conferenza dell’International Aids Society .
«Non sappiamo ancora il motivo per cui questa ragazza è in grado di controllare l’infezione» spiegano gli esperti. «Lo stop alle cure non è comunque raccomandato negli adulti e nei bambini al di fuori di studi clinici» aggiunge Asier Saez-Cirion, dell’Istituto Pasteur di Parigi. «L’osservazione della remissione della malattia in un bambino nato sieropositivo sta aprendo nuove prospettive per la ricerca», sottolinea sul sito dell’Istituto Pasteur Jean-François Delfraissy, direttore del National Agency for Aids Research (Anrs) francese. «Questo risultato non deve tuttavia essere considerato come una guarigione, è impossibile prevedere l’evoluzione della sua condizione. Il caso della ragazza è comunque un ulteriore argomento a favore del trattamento antiretrovirale il più presto possibile per tutti i bambini nati da madri sieropositive».
«Non è un caso eccezionale, questa ragazza fa parte di un gruppo speciale, gli “elite controller”, di pazienti con Hiv in cui però l’infezione non riesce a riprendere il suo corso quando viene interrotta la terapia antiretrovirale. Parliamo di decine di casi sparsi in diversi Paesi, circa 25 in Francia» chiarisce Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e uno dei maggiori esperti di Aids in Italia che precisa: «Questi pazienti non sono guariti – precisa Vella – ma il loro organismo, per motivi ancora non chiari, è in grado di controllare l’infezione anche senza un trattamento in corso. Le ipotesi sono che abbiano un virus “fiacco”, non particolarmente virulento, o che ci sia stata una particolare evoluzione del sistema immunitario, che è riuscito a difendersi impedendo la replicazione dell’Hiv».
I medici dell’Istituto Pasteur di Parigi hanno seguito la storia clinica della ragazza sieropositiva dalla nascita nel 1996. Si era infettata nel pancione della mamma, che aveva una carica virale non controllata. La piccola ha ricevuto per sei mesi un trattamento con l’Azt, il primo farmaco a essere introdotto per il trattamento dell’Aids, e poi una combinazione di quattro antiretrovirali. Questa terapia è durata fino all’età di 6 anni quando la famiglia ha deciso di interrompere l’assunzione dei farmaci. Dopo un anno, la carica virale della bambina era quasi non rilevabile, perciò i medici hanno deciso di non proseguire più alcuna cura. Dodici anni più tardi la notizia della remissione.
Ma casi precedenti suggeriscono cautela perché è ancora forte la delusione della storia di quella bambina nata con l’Hiv in Mississippi che gli scienziati pensavano di aver guarito con un trattamento precoce, e che per due anni e mezzo non aveva avuto bisogno di terapie. L’anno scorso, un anno dopo il trionfale annuncio i medici avevano dovuto ammettere la triste sconfitta perché il virus si era ripresentato e la notizia aveva rappresentato una rilevante battuta d’arresto per impedire l’infezione permanente. I medici si erano mostrati sorpresi e avevano spiegato di non sapere perché il virus fosse riemerso. E anche Milano ha il suo «Mississippi baby»: un bambino in cura all’ospedale Sacco di Milano, nato nel 2009 da una donna positiva al virus Hiv e anche lui infetto fin dalla nascita. Immediata la terapia d’urto, che ha abbattuto la carica virale fino ad azzerarla. Per tre anni nessuna traccia di Hiv, ma dopo lo stop delle cure il virus è tornato. Certo, il caso della ragazza francese fa ben sperare perché la remissione del virus si è rilevata decisamente più lunga, il virus più che scomparso non ha ripreso a replicarsi. E allora la sfida sarà scoprire che cosa ha di diverso e particolare l’organismo di questa diciottenne francese.
«Il concetto alla base della remissione del virus è lo stesso: la centralità della terapia precoce, che determina una serie di fattori virologici e immunologici che favoriscono il controllo del virus» spiega Paolo Rossi, direttore del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero del Bambino Gesù di Roma. Rossi è anche coordinatore del consorzio EPIICAL, che riunisce i più grandi centri che si occupano di HIV pediatrico al mondo: «C’è da dire che i fattori che sono responsabili di questo controllo – spiega l’esperto – non sono ancora completamente conosciuti. Possiamo immaginare che quando nascono dei bambini infetti e vengono trattati precocemente, si realizza uno spettro variabile di situazioni. Nella maggior parte dei casi, i bambini trattati precocemente all’interruzione della terapia avranno una ripresa più o meno veloce della replicazione virale. In altri casi, come quelli del Mississipi baby e della ragazza francese, si risconterà un periodo più lungo di remissione se non una vera e propria cura funzionale nonostante la sospensione della terapia antiretrovirale». Questi pazienti, conclude l’infettivologo, «rappresentano infatti il modello ideale per generare dati virologici e immunologici che possano favorire interventi terapeutici basati su vaccini o farmaci in grado di indurre tali condizioni biologiche eccezionali in tutti i pazienti che iniziano la terapia precoce, al fine di sospenderla e mantenere una remissione clinica e virologica». L’obiettivo del consorzio EPIICAL è rendere replicabili i casi eccezionali come «Mississippi baby», la ragazza francese o il bimbo di Milano e sospendere in modo controllato la terapia per un periodo più lungo possibile per evitare sia gli effetti collaterali, che inevitabilmente questi farmaci provocano, sia i fallimenti terapeutici, ai quali si va incontro dopo che è molto tempo che si assume lo stesso mix di farmaci o se si saltano cicli in modo ingiustificato.