Con la vittoria al Consiglio di Stato dei trecento ricorrenti sostenuti da Cgil Medici, si riapre la partita degli studenti che, scartati al test 2014, chiedono di essere ammessi alle scuole di specialità in soprannumero perché il test presentava irregolarità. Contrariamente a quanto ha fatto il Tar con il ricorso di 180 neolaureati patrocinati dal Codacons, il massimo organo amministrativo ha dato ragione ai medici del ricorso della CGIL FP Medici: ha sospeso i provvedimenti del Ministero dell’Università che li escludevano e ne li ha riammessi alla specializzazione temporaneamente. La decisione di merito sarà presa una volta esaminate le “controdeduzioni” del Miur.
Antefatto – Il 29 ottobre, secondo giorno di prove, per la “specialistica”, i concorrenti d’area medica si erano visti recapitare i quiz per i colleghi d’area servizi e viceversa. Respingendo il ricorso Codacons, il Tar Lazio giorni fa ha premesso che sempre di scienza medica si tratta e a quelle domande un neolaureato comunque risponde. In effetti, se inizialmente si era parlato di ripetere la prova, poi ministero e commissari avevano convenuto che sole due domande erano così difficili che un concorrente d’altra area non vi avrebbe risposto. In ogni caso lo scambio poteva aver falsato l’andamento del test e i punteggi di alcuni, e tanto è stato sostenuto dai molti ricorsi al Tar fin qui presentati. Ma i trecento patrocinati dall’avvocato Michele Bonetti hanno bypassato il Tar, giudice di primo grado, con un Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, che finisce direttamente al Consiglio di Stato, e il cui esito non è appellabile.
Tar e Consiglio di Stato – Mentre il Tar Lazio si è soffermato sul concetto che dover rifare il test avrebbe danneggiato più studenti di quelli spiazzati dall’esito di due domande, il Consiglio di stato ha in qualche modo intravisto nello svolgimento la falla sulla segretezza, che era contenuta nella motivazione del ricorso (e che andrà ribadita nel giudizio di merito insieme alle altre censure). «L’inversione del test è a suo modo causa della violazione dell’anonimato dei concorrenti», afferma l’avvocato Bonetti. «Dopo averla constatata, il ministro dell’Università ha chiesto al Cineca in fase di correzione di abbuonare le due domande per le quali si era convenuto che i concorrenti d’altra specializzazione non avrebbero saputo rispondere. Ora, per attribuire due punti in più a tutti, chi ha corretto ha dovuto richiamare le singole prove dal database digitando il codice fiscale di ciascuno, visualizzare l’elaborato ed annerire due crocette e richiudere il file. A questo punto la prova non è più segreta e il Consiglio di Stato ha osservato che il ricorso è giusto, assistito da fumus boni iuris e che mantenere il provvedimento impugnato recherebbe grave ed irreparabile danno agli interessati». Per Bonetti, Tar e consiglio di Stato non hanno indirizzi opposti. «Nella sentenza Codacons il Tar, pur non trovando un nesso tra le irregolarità riferite e l’esito negativo del test, apre alla possibilità di “caducare” l’intera procedura di quel test ove si ricadesse nella violazione dell’anonimato, che però nello specifico in molti ricorsi probabilmente non è stato sollevato».