Bisogna far sì che, mentre la Procura e il Ministero lavorano nei rispettivi ambiti di competenza per far luce sulla tragedia, quanto avvenuto sia un monito anche per ripensare un modello di assistenza neonatale per molti versi invecchiato e ormai fuori dalla logica dei tempi.
Quella consumatasi pochi giorni fa in Sicilia – con la morte della neonata rimasta vittima, dopo aver subito gravi complicanze post-nascita, della mancanza di posti in cui essere ricoverata – è stata una tragedia che ha lasciato sgomento l’intero Paese. I sentimenti di lutto e di dolore, che mi permetto di aggiungere sul piano personale sento particolarmente forti come ginecologo, si accompagnano anche a una riflessione su quanto la triste vicenda ha fatto emergere. L’Italia, come confermato annualmente dagli organismi internazionali, è un Paese il cui Servizio sanitario nazionale ha grandi virtù. Ma al tempo stesso, come ogni “macchina” complessa, è un insieme di molti “ingranaggi” che necessitano di controlli e revisioni. E’, questo, il caso della rete dei punti nascita italiani.
La necessità, nei fatti condivisa sul piano istituzionale, deve ora trovare finalmente una concreta attuazione. Il riferimento va da un lato al “piano punti nascita” formulato ormai cinque anni fa dal Ministero della Salute allora retto dal Ministro Fazio, dall’altro alla relazione conclusiva dell’indagine parlamentare sui punti nascita varata nel 2012 dalla Commissione d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e sui disavanzi sanitari regionali.
– era necessario affrontare il tema della frammentazione sul territorio dovuta alla presenza di punti nascita con un numero di parti annui inferiori agli standard internazionali (fissati in una forbice tra 800 e 1.000), sotto i quali le statistiche affermano in modo inequivocabile che non vi sono le necessarie condizioni di sicurezza per le partorienti e per i nascituri e mancano, a fronte di un numero di parti a volte di massimo 5-6 al mese, dotazioni tecnologiche in grado di fronteggiare le emergenze;
– bisognava avviare con coraggio un piano di chiusure ed accorpamenti in strutture di eccellenza con tecnologie, livelli di formazione del personale e capacità gestionali in grado di servire H24 i territori di riferimento, in primo luogo grazie alla presenza ovunque di sale operatorie e reparti di rianimazione altrimenti oggi assenti nelle strutture più marginali.
Evidentemente azioni di riforma e modernizzazione di questo tipo rischiano di scontrarsi con contestazioni e proteste, a volte avallate dagli amministratori locali per motivi politico-elettorali, di chi non vuole vedersi privare di strutture mediche di prossimità. Ma se queste strutture, per quanto vicine, non sono in grado di garantire standard qualitativi e di sicurezza al passo con le esigenze di salute, allora bisogna avere il coraggio di accettare cambiamenti.
La Procura di Catania, nel comunicato di sabato, ha affermato che le indagini procedono anche in merito “alla valutazione di responsabilità per omissione con riferimento alla messa a disposizione delle unità di rianimazione neonatale, alle segnalazioni di insufficienza di quelle funzionanti, alla previsione di meccanismi atti a far fronte ad emergenze nella situazione data”. Non voglio e non sono in grado di entrare nella specifica vicenda oggetto dell’indagine (della quale non si può far altro che attendere con rispetto le conclusioni): ma desidero evidenziare come i temi su cui Ministero della Salute e Camera hanno fornito ormai alcuni anni fa indirizzi alle Regioni sono purtroppo rimasti in buona parte lettera morta.
In tale contesto sento forte l’esigenza – anche come relatore nella scorsa Legislatura di quella approfondita indagine parlamentare sui punti nascita portata avanti anche in sintonia e collaborazione con le società scientifiche, quindi con criteri rigorosi e oggettivi – di un appello concreto a tutte le Istituzioni oggi deputate a intervenire, dal Ministero della Salute alle Regioni, perchè drammi come quello di Catania non si ripetano più e perchè, quindi, vengano attuate misure ormai non più rinviabili.
Queste considerazioni significano, nel concreto, che la decisione del Ministro Lorenzin di avviare un’indagine su quanto avvenuto con l’invio di ispettori da Roma è un’iniziativa giusta e da sostenere. Ma non solo: bisogna far sì che, mentre la Procura e il Ministero lavorano nei rispettivi ambiti di competenza per far luce sulla tragedia e per dare quelle risposte che i genitori della neonata attendono con ansia, quanto avvenuto sia un monito anche per ripensare un modello di assistenza neonatale per molti versi invecchiato e ormai fuori dalla logica dei tempi.
On. Benedetto Fucci (FI)
Segretario Commissione Affari Sociali della Camera
Relatore dell’inchiesta parlamentare sui punti nascita
16/02/215